La prestazione lavorativa del socio

 La partecipazione ad una società può avvenire, oltre che con la sottoscrizione di una quota ed il versamento dell’importo corrispondente al suo valore rispetto al capitale sociale, anche con il conferimento di beni o servizi.

Nel caso della prestazione di attività lavorativa si possono distinguere due ipotesi: la prima è quella del socio d’opera o prestatore d’opera, in cui la partecipazione sociale consiste esclusivamente nel conferimento della propria attività lavorativa.

SOCIO D’OPERA

In questo caso il corrispettivo che il socio d’opera riceverà sarò sotto forma di partecipazione agli utili, nella percentuale stabilita nel contratto societario; il venir meno della prestazione lavorativa può comportare la perdita della qualifica di socio e la conseguente esclusione dalla società.

Una seconda ipotesi è quella del socio lavoratore dipendente, caratterizzata dal fatto che colui che partecipa alla compagine sociale, oltre ad aver acquisito una o più quote societarie, svolge anche un’attività lavorativa alle dipendenze della medesima società.

SOCIO DIPENDENTE

In tal caso egli, oltre a partecipare alla distribuzione degli utili, percepirà dalla società uno stipendio, in base a quanto previsto nel contratto di lavoro stipulato con la società e sarà soggetto agli obblighi previdenziali previsti per i lavoratori dipendenti.

Quest’ultima ipotesi, tuttavia, è soggetta ad alcune limitazioni, derivanti dalla configurazione del rapporto di lavoro subordinato, come prevista dall’art. 2094 del codice civile.

Tale norma, nel descrivere le caratteristiche essenziali del rapporto di lavoro subordinato, richiede la contestuale sussistenza dei seguenti elementi: sottoposizione del lavoratore al potere di direzione del datore di lavoro (“eterodirezione”); continuità della prestazione nel tempo, anche se in forme diversamente concordate riguardo all’orario ed alle giornate (possibilità del part-time orizzontale o verticale); inserimento, continuo e sistematico, del dipendente all’interno dell’organizzazione tecnica, economica e amministrativa dell’azienda; corrispettivo determinato in base ai Contratti collettivi nazionali di categoria.

ETERODIREZIONE

Sulla base di tali elementi, perché un socio possa anche essere dipendente della società cui partecipa, è necessario che la sua posizione all’interno della società quale socio non sia in conflitto con le caratteristiche proprie del lavoro dipendente.

Facciamo l’esempio del socio che sia anche amministratore unico della società; in tal caso non potrà configurarsi un rapporto dipendente per la funzione amministrativa, poiché verrebbe a mancare il requisito dell’eterodirezione.

In particolare, come afferma la giurisprudenza della Cassazione, le due figure non possono coincidere quando l’amministratore della società svolge tutti i poteri di gestione, controllo, comando e disciplina; infatti l’amministratore si troverebbe nella condizione di essere subordinato a se stesso, generandosi un fenomeno di auto-assunzione o auto-controllo da parte dell’amministratore lavoratore-subordinato.

Altro esempio è quello del socio di maggioranza di una società, per il quale non è configurabile anche un rapporto di subordinazione con la società stessa, per le stesse ragioni anzidette; è necessario, pertanto, che la quota di partecipazione alla società sia minima, in modo da poter garantire l’eterodizione ed il potere di gestione e controllo da parte della società.

pubblicato il 26/11/2016

A cura di: Daniela D'Agostino

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