Il contratto preliminare di preliminare

Il nostro ordinamento disciplina il contratto preliminare all’art. 1351 del codice civile.

Si tratta di una modalità di regolazione dei rapporti obbligatori largamente utilizzata in molti settori, in particolare in quello delle compravendite immobiliari, dove l’impegno di spesa è notevole, dunque l’operazione negoziale viene frazionata per consentire alle parti di portare a compimento le rispettive obbligazioni.

OBBLIGO DI STIPULA DEL DEFINITIVO E INADEMPIMENTO

Con il contratto preliminare, infatti, le parti si obbligano alla stipula di un successivo contratto, definitivo, di cui il primo deve già prevedere il contenuto essenziale; può essere bilaterale, se entrambe le parti si obbligano, o unilaterale, se l'impegno è assunto da una sola, in ogni caso deve essere redatto nella stessa forma prevista per il contratto definitivo.

In caso di inadempimento di una delle parti, la quale si rifiuti di stipulare nei termini convenuti il definitivo, l’altra parte potrà rivolgersi al Tribunale per chiedere l’esecuzione in forma specifica del contratto di compravendita, in base all’art. 2932 del codice civile;  potrà, cioè, chiedere al giudice, che ne accerterà i presupposti, di emanare una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto non concluso e che andrà debitamente trascritta nei Registri immobiliari.

IL “PRELIMINARE DI PRELIMINARE”

Nella pratica commerciale, in particolare nelle mediazioni immobiliari, si è diffuso un altro strumento giuridico, cosiddetto “preliminare di preliminare”, non espressamente disciplinato nel nostro ordinamento ma riconosciuto nella sua validità dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, a partire dalla sentenza n. 4628 del 6 marzo 2015, pronunciata a Sezioni Unite.

L’uso di tale forma di contratto si è sviluppato grazie all’intervento, nelle compravendite immobiliari, di mediatori (agenti immobiliari, società di intermediazione) che seguono le parti fin dalle primissime fasi dell’operazione, accompagnando il potenziale compratore a visitare l’immobile, quindi nella proposta di un prezzo d’acquisto soggetta all’approvazione del venditore, fino alla definizione del reciproco impegno con la redazione del contratto preliminare e la successiva stipula del rogito definitivo.

Ebbene, è possibile che, ancor prima di impegnarsi con il preliminare di compravendita, le parti vogliano “bloccare” in qualche modo l’immobile, definendo un primo contenuto contrattuale, rinviando tuttavia la redazione del preliminare vero e proprio ad un momento successivo; ciò in quanto può esservi l’esigenza di assumere ulteriori informazioni, ad esempio, sulla regolarità urbanistica dell’immobile o sulla trasparenza dell’affare.

Si parla, a tal proposito, di “tripartizione” delle fasi contrattuali, la prima delle quali è preliminare al contratto preliminare, seguita da quest’ultimo e dal contratto definitivo.   

LE SEZIONI UNITE DELLA CASSAZIONE  

Sul punto la Suprema Corte, nella sentenza richiamata, esamina tutti i precedenti giurisprudenziali e dottrinali del passato, che avevano ritenuto nullo il cd. “preliminare di preliminare”, perché privo di causa e, in pratica, un’inutile duplicazione del preliminare.

Le Sezioni Unite, considerando l’evoluzione della pratica commerciale immobiliare, giungono quindi ad un cambiamento di rotta, affermando che il giudice di merito, chiamato a pronunciarsi sulla validità di un preliminare di preliminare “riterrà produttivo di effetti l’accordo denominato preliminare, con il quale i contraenti si obbligano alla stipula di un altro contratto preliminare, soltanto quando emerga la configurabilità dell’interesse delle parti ad una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali”; con l’ulteriore precisazione che “la violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dare luogo a responsabilità per la mancata conclusione del contratto, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale”.

In sintesi, in base ai principi affermati dalla Cassazione, per ritenersi valido un preliminare di preliminare è necessario che non costituisca una semplice duplicazione del preliminare vero e proprio ma esprima una volontà negoziale, seria, che necessita di una maggiore puntualizzazione; trattandosi non di un preliminare vero e proprio ma di un’anticipazione dello stesso in caso d’inadempimento non potrà applicarsi il rimedio dell’esecuzione in forma specifica di cui all’art. 2932 c.c. ma quello della risoluzione del contratto con obbligo di risarcimento dei danni a carico della parte inadempiente.        

pubblicato il 03/04/2017

A cura di: Daniela D'Agostino

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