Danno non patrimoniale ai parenti della vittima

Principio fondamentale della responsabilità civile è che chiunque cagioni ad altri un danno ingiusto è tenuto a risarcirlo, secondo le regole stabilite dal Codice Civile.
In particolare, il risarcimento riguarda sia il danno patrimoniale, cioè la perdita economica conseguente all’evento lesivo, sia quello non patrimoniale; in quest’ultima voce rientra il danno biologico, cioè la lesione psicofisica subita dal soggetto, e il danno morale, inteso come l’intima sofferenza patita a causa del fatto dannoso.

Voci di danno non patrimoniale

Su di un piano generale, il nostro ordinamento conosce e disciplina soltanto la fattispecie del danno patrimoniale - nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante previste dall’art. 1223 c.c. - e quella del danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c..
La dottrina e la giurisprudenza hanno, tuttavia, elaborato altre categorie di danno non patrimoniale, quale ad esempio il danno esistenziale, cioè le conseguenze negative che il sinistro ha provocato alla sfera relazionale del danneggiato, pur con la precisazione che “il danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c., identificandosi con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, costituisce categoria unitaria non suscettiva di suddivisione in sottocategorie” e che “il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno” (Cass. Sezioni Unite sentenze n. 26972/2008 e n. 26976/2008).

Danno ereditario

Il risarcimento dei danni, sia di tipo patrimoniale sia di tipo non patrimoniale, può essere richiesto anche dagli e eredi della vittima (di un sinistro stradale, di un intervento o diagnosi medica errati, etc.), sia a titolo ereditario, cioè in quanto si eredita il diritto al risarcimento del defunto (danno “iure hereditatis”) sia a titolo personale, perché l’evento lesivo ha cagionato un danno direttamente nella sfera del congiunto (danno “iure proprio”).
In entrambi i casi gli eredi devono fornire in giudizio la prova del danno subito, sia indirettamente che direttamente.

Danno morale ai parenti

In un recente caso esaminato dalla Corte di Cassazione è stato riconosciuto ai parenti di una donna, vittima di un caso di malasanità, il danno morale per la sofferenza psichica causata dalla malattia e per la continua assistenza che le avevano dovuto prestare durante la degenza.
Sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano negato il risarcimento richiesto dai parenti, ritenendo che la domanda non fosse provata e che l’assistenza prestata alla congiunta rientrasse nei normali doveri familiari.
La Cassazione smentisce tali assunti, affermando, nella sentenza n. 28220/2019, che anche un’invalidità parziale può comportare, oltre al dolore per la menomazione del congiunto, la necessità di un impegno di assistenza, a carico degli stretti congiunti; né il fatto che l’assistenza sia motivata da vincoli di affetto e solidarietà familiare vale ad escludere che il congiunto non subisca concreto pregiudizio, risarcibile, per la necessità di adattare le propria vita alle sopravvenute esigenze del familiare menomato.         
Quanto all’onere della prova la Suprema Corte chiarisce che questa può essere desunta anche soltanto dalla gravità delle lesioni, sempre che l’esistenza del danno sia stata allegata nell’atto introduttivo, e può essere confermata anche d’ufficio mediante presunzioni.

pubblicato il 03/12/2019

A cura di: Daniela D'Agostino

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