Tutela della servitù di passaggio

testo giuridico e martelletto

Il codice civile, all’art. 1027, definisce la servitù come il peso imposto su un fondo, detto "servente" a vantaggio di un fondo limitrofo o vicino, detto "dominante". Si tratta, dunque, di un onere imposto dalla legge o concordato dalle parti, a carico del proprietario di un terreno o immobile per consentire al proprietario confinante di esercitare un proprio diritto e godere a pieno della sua proprietà.

Servitù di passaggio

Nelle proprietà agricole e, in generale, tra fondi confinanti è frequente la previsione di una servitù di passaggio coattivo, disciplinata all’art. 1051 c.c., che dispone che "il proprietario, il cui fondo è circondato da fondo altrui e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione ed il conveniente uso del proprio fondo".

La stessa norma stabilisce che il diritto al passaggio coattivo spetta anche nel caso di necessità di ampliamento del passaggio già esistente, per il transito di veicoli. L’art. 1052 c.c., prevede inoltre che il diritto di passaggio possa essere disposto anche in caso di fondo non intercluso, quando l’accesso alla via pubblica sia inadatto e insufficiente ai bisogni del fondo e non possa essere ampliato; in tal caso il passaggio può essere concesso dal giudice, su ricorso dell’interessato, se la domanda risponde alle esigenze dell’agricoltura, dell’industria o se risponde alle esigenze di portatori di handicap in base alla legge vigente.

Spoglio del possesso

Il diritto di servitù implica che il proprietario del fondo servente consenta al titolare del diritto medesimo di esercitarlo; nel caso della servitù di passaggio ciò significa che debba essere consentito, a chi esercita il diritto, di attraversarlo e di farlo attraversare alle persone che hanno un rapporto, di famiglia o lavoro, con lui. L’impedimento all’esercizio del diritto di servitù, mediante azioni volte a precluderlo o renderlo difficoltoso, viene definito "spoglio": facciamo l’esempio del cambio di serratura al cancello d’ingresso al fondo servente, che impedisca al titolare della servitù di passaggio di accedervi.

Azione di reintegrazione

Per tutelarsi, in questi casi, chi è stato privato del proprio diritto può adire le vie legali, esercitando una azione possessoria, come l’azione di "reintegrazione", di cui all’art. 1168 del codice civile. Per essere reintegrato nel possesso il soggetto cha ha subito la spoglio, entro un anno dallo spoglio - o, nel caso di spoglio clandestino, entro un anno dalla scoperta dello spoglio - dovrà rivolgersi al Tribunale competente, che, oltre a ordinare il ripristino della situazione anteriore allo spoglio, potrà condannare l’autore dello spoglio al risarcimento dei danni subiti dal possessore a causa della privazione del possesso.

Risarcimento danni

Al fine di ottenere il risarcimento del danno, tuttavia, è necessario che chi ha subito lo spoglio dimostri quale tipo di danno ha ricevuto e che lo quantifichi, non potendosi ritenere che il pregiudizio sia automaticamente riconosciuto dal giudice. Tale ultimo principio è stato ribadito di recente dalla Corte di Cassazione, nell'ordinanza n. 31642/2021, nella quale è stato affermato che lo spogliato del diritto, che agisca per conseguire il risarcimento dei danni, è soggetto al normale onere della prova in tema di responsabilità per fatto illecito; pertanto, qualora non abbia provato il pregiudizio sofferto, non potrà emettersi in suo favore condanna al risarcimento con liquidazione equitativa dei danni.

pubblicato il 09/03/2022

A cura di: Daniela D'Agostino

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