Il contratto di somministrazione di energia elettrica

In materia di consumi elettrici l’utente è tenuto al pagamento degli importi indicati in bolletta, calcolati in base ai consumi rilevati dalla lettura del contatore posto in prossimità dell’immobile che beneficia del servizio.

Le tariffe, nonché le modalità di lettura e tutte le clausole negoziali, come quella che consente il recesso di entrambe le parti ed individua gli strumenti per la soluzione delle controversie, sono contenute nel contratto di somministrazione sottoscritto dall’utente con la società somministrante.

DISCIPLINA

Si tratta di un contratto disciplinato dal codice civile, agli artt. 1559  e seguenti, avente per oggetto una prestazione periodica o continuativa di beni e servizi a fronte del pagamento di un corrispettivo proporzionato al consumo.

Di rilievo la norme che prevede, in caso d’inadempimento  di una delle parti, la possibilità di risolvere il contratto solo se l’inadempimento ha notevole importanza ed è tale da menomare la fiducia nella correttezza degli adempimenti successivi.

Allo stesso modo, la società di somministrazione non può sospendere l’erogazione del servizio, senza darne congruo preavviso, se l’inadempimento dell’utente è di lieve entità.

CASI DI MALFUNZIONAMENTO DEL CONTATORE

Non di rado sorgono contenziosi con le compagnie fornitrici di energia elettrica derivanti da un’erronea rilevazione dei consumi indicati in bolletta, imputabili a malfunzionamento del contatore; in questi casi è importante conoscere qual è l’onere della prova a carico dell’utente e quello a carico del fornitore.

Di questo si è occupata la Corte di Cassazione, nella recente ordinanza n. 7045/2018, pubblicata il 21 marzo 2018, avente per oggetto il ricorso di un utente che, in primo grado, era stato condannato al pagamento di una somma da lui ritenuta incongrua per eccessività dei consumi rilevati.

LA MASSIMA DELLA CASSAZIONE

Secondo la Suprema Corte, che richiama un principio già affermato in precedenza (Cassazione n. 23699/2016)  “in tema di contratti di somministrazione, la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante l’onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi”.

ONERE DELLA PROVA

In caso di contestazione della fattura da parte dell’utente, pertanto, grava sulla società di somministrazione la prova sia della corrispondenza tra il dato rilevato e quello indicato in fattura, sia del corretto funzionamento del contatore; al soggetto somministrato, invece, spetta dimostrare in giudizio con qualsiasi prova – anche solo presuntiva o orale mediante testi – di aver avuto un consumo inferiore a quello documentato nella fattura ed attestato dal contatore, dovendosi attribuire alla rilevazione dei consumi tramite contatore il valore di mera presunzione semplice di veridicità.   

Nel caso specifico sottoposto all’esame di legittimità della Corte, quest’ultima confermava la sentenza d’appello impugnata dall’utente, affermando che con essa il giudice aveva ritenuto provati i consumi effettivi di energia elettrica indicati nella fattura prodotta dallo stesso utente, in assenza di specifica e congrua contestazione, da parte di quest’ultimo, sia dei dati relativi ai consumi, sia del funzionamento del misuratore, essendo guasto solo il display dello strumento, utile a consentire la lettura immediata dei consumi.

pubblicato il 10/04/2018

A cura di: Daniela D'Agostino

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