Il diritto alla conoscenza delle proprie origine biologiche

Con la recente sentenza n. 15024 del 21/07/2016 la Corte di Cassazione ha affermato che, a seguito della morte della madre che ha partorito mantenendo segreta la propria identità, l’interesse alla segretezza è posto in secondo piano rispetto al diritto del figlio adottivo di conoscere le proprie origini biologiche; sulla base di tale principio ha, pertanto, accolto l’istanza di accesso alle informazioni relative all’identità del genitore biologico, precedentemente rigettata dal giudice del merito.

DIRITTI CONTRAPPOSTI

La pronuncia è interessante in quanto oggetto di esame è una materia molto delicata, quella del diritto del figlio adottivo di conoscere l’identità dei propri genitori e, nello specifico, della madre biologica, da contemperare con il diritto della madre naturale di partorire senza rivelare la propria identità, per svariate ragioni di ordine sociale, economico o personale.

Entrambi questi diritti sono tutelati diversamente nei vari Stati europei e sono contemplati nei testi di legge comunitari ed internazionali che tutelano i diritti umani e della personalità. 

LA TUTELA NELLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI

In particolare, il diritto a conoscere le proprie origini biologiche è espressamente riconosciuto dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 delle Nazioni Unite in materia di diritti dei minori, dove, all’art.7, si afferma che il minore ha diritto a conoscere i propri genitori sin dalla sua nascita, nei limiti del possibile.

Inoltre, la Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993, relativa alla protezione dei minori e alla cooperazione in materia di adozione internazionale, prevede, all’art.30, che le autorità competenti si impegnano a conservare le informazioni sulle origini del minore, specificatamente quelle sull’identità del padre e della madre, e assicurano l’accesso a dette informazioni al minore ed al suo rappresentante.

LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

Anche la giurisprudenza comunitaria ha avuto occasione di pronunciarsi sull’argomento, come nel caso della sentenza emanata il 25 settembre 2012 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, (nel caso Godelli contro Italia), affermando che l’art. 8 della Convenzione Europea sui Diritti Umani  protegge il diritto all’identità ed alla realizzazione personale, cui concorre la conoscenza dei dati concernenti la propria origine biologica.

Parallelamente al riconoscimento del diritto alla conoscenza delle proprie origini vi è il diritto – contrapposto al primo – della madre di mantenere, in condizioni particolari, l’anonimato e partorire in segretezza.

DIRITTO DELLA MADRE AL “PARTO ANONIMO”

Sempre la Corte europea dei diritti umani, a tal proposito, pur rilevando che il diritto al cosiddetto “parto anonimo” è riconosciuto da un numero ristretto di Stati europei (tra cui l’Italia), afferma che gli Stati aderenti alla Convenzione possano tutelare l’anonimato sotto due profili: a) salvaguardare la salute della donna, consentendole di partorire in condizioni mediche e sanitarie appropriate e b) evitare che le condizioni personali della donna la costringano ad abortire o la inducano ad aborti clandestini o ad abbandonare il bambino.

Spetta ai singoli Stati, precisa la Corte europea, il contemperamento di tali opposti diritti e l’adeguamento delle singole legislazioni. 

LA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA

In Italia la Corte Costituzionale è intervenuta in merito alla sollevata questione di illegittimità costituzionale dell’art. 28 comma 7 della legge 4 maggio 1983 n. 184, che disciplina il “Diritto del minore ad una famiglia”, nella parte in cui detto articolo esclude la possibilità di autorizzare la persona adottata ad accedere alle informazioni sulle origini, senza aver previamente verificato la persistenza, da parte della madre biologica, della volontà di non voler essere nominata.
Secondo la Corte Costituzionale il sistema delineato dalla suddetta legge è tale da rendere irreversibile il segreto della madre è tale irreversibilità è incostituzionale, in quanto si pone in contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost., poiché non tiene conto del diritto del minore alla conoscenza delle proprie origini, tutelato dal nostro ordinamento.

LA CORTE DI CASSAZIONE: SENT. 15024/2016

Nel caso specifico sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione l’istanza di accesso alle informazioni relative all’identità della propria madre biologica era stata presentata da soggetto la cui madre naturale, nelle more del giudizio di merito, era deceduta; motivo ulteriore, questo, per consentire al richiedente l’accesso richiesto, vista la necessità di tutela del diritto all’identità personale anche attraverso la ricerca dell’identità della madre biologica.

pubblicato il 13/08/2016

A cura di: Daniela D'Agostino

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