La nuova impresa sociale – Parte II

Proseguiamo l’esame dei punti più salienti della nuova disciplina dell’impresa sociale, introdotta dal decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112, ad integrazione della riforma del terzo settore di cui alla legge n. 106 del 6 giugno 2016.

COSTITUZIONE E DENOMINAZIONE

Come tutte le società disciplinate dal codice civile anche l’impresa sociale deve essere costituita con atto pubblico, con espressa indicazione dell’oggetto sociale e dell’assenza dello scopo di lucro; gli atti costitutivi, le loro modificazioni e gli altri atti relativi all'impresa devono essere depositati entro trenta giorni a cura del notaio o degli amministratori presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede legale, per l'iscrizione in apposita sezione.

Anche la denominazione o ragione sociale devono contenere l'indicazione di «impresa sociale», che sarà visibile per chiunque voglia esaminare i dati sociali risultanti da visura della Camera di Commercio estratta dal Registro Imprese; di tale indicazione l’impresa dovrà fare uso negli atti e nella propria corrispondenza.

Detta indicazione è esclusa per gli enti religiosi che svolgono una delle attività previste dal decreto, che pone un divieto assoluto di utilizzo dell’'indicazione di «impresa sociale», ovvero di altre parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli, da parte di soggetti diversi dalle imprese sociali.

FINALITA’ NON LUCRATIVA

Come si è detto nel precedente articolo la caratteristica essenziale di tutte le imprese sociali è l’assenza dello scopo di lucro – intesa, lo ricordiamo, come obbligo di destinare almeno il 50% degli utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell'attivita' statutaria o ad incremento del patrimonio, oppure ad attività sociali svolte da altri enti operanti nel terzo settore.

La cronaca spesso ha reso noti casi di onlus e fondazioni nella cui compagine sociale, ai vertici delle stesse, sono presenti soggetti che rivestono altrettante cariche di rilievo in società per azioni, multinazionali, banche; in tal modo è evidente come lo scopo “non lucrativo” degli enti venga compromesso dall’influenza esercitata da tali soggetti.

Accade anche che la costituzione di enti non lucrativi sia strumentale all’ottenimento di detrazioni e benefici fiscali da parte di società in qualche modo collegate all’ente medesimo.

CARICHE SOCIALI

Per cercare di arginare questi fenomeni il decreto legislativo ha previsto che non possono assumere la presidenza dell'impresa sociale rappresentanti di società con scopo di lucro e di amministrazioni pubbliche, i quali non possono esercitare attivita' di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta, il controllo di un'impresa sociale ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.

E’, comunque, consentita la nomina di componenti degli organi sociali da parte di soggetti esterni, purchè la maggioranza dei componenti dell'organo di amministrazione venga nominata dall'assemblea degli associati o dei soci dell'impresa sociale.

BENEFICI FISCALI

Si è accennato ai benefici fiscali che l’ordinamento prevede in favore degli enti non lucrativi; con il presente decreto il Governo definisce le misure fiscali a vantaggio delle imprese sociali e dei soggetti che vogliano sostenerle economicamente.

In particolare, è previsto che gli utili e gli avanzi di gestione delle imprese sociali non costituiscono reddito imponibile ai fini delle imposte dirette qualora vengano destinati ad apposita riserva indivisibile in sospensione d'imposta in sede di approvazione del bilancio dell'esercizio in cui sono stati conseguiti, e risultino effettivamente destinati, entro il secondo periodo di imposta successivo a quello in cui sono stati conseguiti, allo svolgimento dell'attivita' statutaria o ad incremento del patrimonio.

Non sono, inoltre, imponibili gli utili e gli avanzi di gestione destinati ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci nei limiti delle variazioni ISTAT per il periodo corrispondente a quello dell'esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti.
Per chi voglia destinare una somma al sostegno economico delle imprese sociali il decreto prevede la detrazione del 30% della somma investita dal contribuente; l'investimento massimo detraibile non puo' eccedere, in ciascun periodo d'imposta, l'importo di euro 1.000.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni.

La detrazione fiscale è posta anche a vantaggio delle società che destinano somme alle imprese sociali, anche in questo caso nei limiti del 30% della somma investita, che non può eccedere l'importo di euro 1.800.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni; l'eventuale cessione, anche parziale, dell'investimento prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dal beneficio ed il recupero a tassazione dell'importo dedotto.

ULTERIORI DISPOSIZIONI

Altre disposizioni del decreto legislativo sono dedicate al coinvolgimento dei lavoratori ed utenti nelle decisioni dell’impresa sociale, attraverso modalità da indicare nell’atto costitutivo; alla tenuta delle scritture contabili; all’ipotesi di insolvenza dell’impresa sociale, che sarà assoggettabile a liquidazione coatta amministrativa.

Un cenno, infine, alla fase finale dell’impresa sociale, quella dello scioglimento, per la quale il decreto dispone che il patrimonio residuo, dedotto il capitale effettivamente versato dai soci, eventualmente rivalutato o aumentato, e i dividendi deliberati e non distribuiti nei limiti anzidetti, è devoluto, salvo quanto specificamente previsto in tema di società cooperative, ad altri enti del Terzo settore costituiti ed operanti da almeno tre anni o ai fondi per il sostegno degli enti medesimi.

pubblicato il 03/08/2017

A cura di: Daniela D'Agostino

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