I limiti alla pignorabilità della busta paga

La nostra Costituzione, all’art. 36, tutela il diritto di ogni lavoratore a ricevere una retribuzione adeguata alla quantità e qualità del lavoro svolto, in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

DIRITTI CONTRAPPOSTI

Allo stesso tempo l’ordinamento italiano, con diverse norme contenute sia nel testo costituzionale che nel codice civile ed altre leggi, disciplina il diritto dei creditori a recuperare quanto dovuto dal proprio creditore, con una serie di misure, tra cui l’azione esecutiva posta in essere con il pignoramento dei beni del debitore.

LIMITE DI 1/5

Con riferimento alla pignorabilità dello stipendio, al fine di contemperare il diritto del lavoratore ad un’esistenza dignitosa ed il diritto dei creditori al recupero coattivo del credito, l’art. 545 del codice di procedura civile pone un limite generalmente alla possibilità di espropriare lo stipendio; tale limite è indicato nella frazione di 1/5, al netto delle trattenute fiscali e previdenziali.

Ciò significa che, per sapere a quanto ammonta la quota pignorabile, è opportuno partire dalla busta paga per calcolare lo stipendio netto mensile, quindi da tale somma decurtare il quinto.

Va detto che, a differenza della pensione, pignorabile solo per la parte eccedente l’ammontare pari all’importo della pensione sociale, sempre nei limiti di 1/5, per lo stipendio la legge non prevede un “tetto” al di sotto del quale è esclusa del tutto la pignorabilità.

PIU’ PIGNORAMENTI

E’ possibile, pertanto, che lo stipendio venga pignorato più volte da diversi creditori; in queste ipotesi la regola generale che si segue nelle procedure esecutive è quella di mettersi “in coda”, nel senso che i creditori successivi al primo, i quali hanno azionato il loro credito in una fase successiva, devono attendere che il primo creditore venga soddisfatto, per poi poter a loro volta essere destinatari dei pagamenti del quinto.

Per capire meglio questo meccanismo, si tenga presente che, una volta instaurato il processo esecutivo, a seguito del pignoramento dello stipendio, il datore di lavoro – “terzo pignorato” – è tenuto a rendere una dichiarazione, specificando l’ammontare dello stipendio pagato al lavoratore – debitore pignorato – e se vi sono altri pignoramenti o cessioni del quinto sulla stessa busta paga.

In caso di pignoramenti successivi, il Giudice dell’esecuzione disporrà l’assegnazione del quinto “in coda”, cioè solo dopo la soddisfazione del primo creditore.

CONCORSO DI CAUSE DIVERSE

Questa la regola generale;  se, tuttavia, le cause del debito sono diverse, è possibile il concorso di più pignoramenti, a condizione però che  lo stipendio non scenda al di sotto della metà, cioè che il 50% dello stipendio rimanga comunque in mano al lavoratore.
Per chiarire facciamo un esempio.

Se un soggetto ha pignorato lo stipendio del suo debitore a seguito di sfratto per morosità, dunque per canoni di locazione non pagati, mentre un altro soggetto esegue il pignoramento perché vanta un credito alimentare o di natura retributiva, sarà possibile per entrambi i creditori soddisfarsi contemporaneamente, entro il limite anzidetto della metà dello stipendio, chiedendo al Giudice l’assegnazione del quinto.

Il criterio di calcolo seguito dai Tribunali, in questi casi, è quello di determinare la somma pari alla metà dello stipendio, da questa detrarre il quinto già pignorato e sulla differenza calcolare l’ulteriore quinto.

Ad esempio: su uno stipendio netto di € 1.200, la metà è pari ad € 600; il quinto pignorabile è pari ad € 120,00 dunque il pignoramento successivo dovrà essere effettuato sulla differenza tra € 600 ed €120, cioè su € 480.

Al debitore, pertanto, in questo modo viene assicurata almeno la metà dello stipendio mensile, oltre la differenza restante una volta decurtate le somme pignorate.

pubblicato il 18/10/2017

A cura di: Daniela D'Agostino

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