L’informativa per il debitore nei pignoramenti immobiliari

Con delibera del 11 ottobre 2017 il Consiglio Superiore della Magistratura ha emanato un provvedimento, nel quale vengono indicate “buone prassi” da utilizzarsi su tutto il territorio nazionale, al fine di rendere più efficiente il processo esecutivo immobiliare.

E’ noto, infatti, che tra i procedimenti connotati da lungaggini processuali vi sono sicuramenti quelli espropriativi immobiliari, cioè i procedimenti in cui, a seguito di pignoramento di immobile da parte di uno o più creditori, si giunge alla vendita all’asta del bene.

DURATA DEI PROCESSI ESECUTIVI

La durata di tali procedimenti, nonostante le riforme apportate di recente dal legislatore, può variare dai 4/5 anni fino ai 10 anni o più, con la conseguenza che il debito iniziale oggetto del pignoramento va aumentando, aggiungendosi i costi della procedura e gli interessi.
Questo aspetto, come ha sottolineato il CSM, oltre ad allontanare nel tempo la possibilità di soddisfazione dei creditori, è deteriore anche per il debitore, il quale molto spesso si “culla” confidando nel rinvio del momento in cui dovrà lasciare l’immobile che verrà venduto all’asta, senza pensare – né sapere – che se i crediti superano di gran lungo il prezzo di vendita egli rimarrà comunque obbligato per la differenza.

INFORMATIVA PER IL DEBITORE

Questa è la ragione per cui il CSM – che, nella stesura del testo si è avvalso dell’apporto fornito da magistrati di varie regioni italiane, nonché del parere dell’ABI e delle associazioni dei consumatori – ha individuato, tra le buone prassi adottabili, quella di inviare al debitore una “informativa” semplice e chiara nella quale vengono spiegate, passo dopo passo, le varie fasi della procedura esecutiva in cui egli – forse inconsapevolmente, perché potrebbe non aver ritirato l’atto di pignoramento notificatogli dal creditore procedente – è coinvolto.

Nella stessa informativa, inoltre, devono essere esposte al debitore pignorato le diverse possibilità che la legge consente per concordare un piano di rientro con i creditori ed evitare di giungere alla vendita forzata dell’immobile, che, spesso, è la casa familiare.

POSSIBILI SOLUZIONI PER IL DEBITORE

Deve, quindi, essergli spiegato, con terminologia non tecnica ma comprensibile ai più, che ha la possibilità di dilazionare il debito in 36 rate, versando inizialmente 1/5 del relativo importo, depositando in cancelleria un’istanza “di conversione”; che, qualora non abbia tale disponibilità può condurre privatamente una trattativa con tutti i creditori intervenuti nel procedimento, in modo da poter ottenere una sospensione del processo fino a 24 mesi; che, diversamente, se il debito è molto elevato, può ricorrere ad un Organismo di Composizione della Crisi, presentando domanda alla sezione fallimentare del Tribunale del comune di residenza, al fine di far approvare un piano di rientro ed ottenere, anche in questo caso, la sospensione della procedura esecutiva.

QUOTA DEL COMPROPRIETARIA

Ancora, nell’informativa, dovrà essere spiegato al debitore ed all’eventuale comproprietario – il più delle volte si tratta del coniuge cointestatario della casa coniugale – che, anche se il debitore è proprietario al 50%, l’immobile potrà essere venduto per l’intero, salvo restituzione della somma pari al restante 50%  al comproprietario non debitore; a tal proposito il comproprietario deve essere edotto che potrà acquistare la quota del debitore, evitando così la vendita del bene.

Queste ed altre informazioni, utili al debitore, saranno contenute in un foglio predisposto dai Tribunali, che verrà consegnato al debitore dal custode nominato dal Giudice, al suo primo accesso.

Si vedrà, nei prossimi mesi, se le buone prassi indicate dal CSM porteranno gli esiti sperati, in termini di efficienza del processo ma anche di maggiore soddisfazione sia per i creditori che per il debitore espropriato.

pubblicato il 24/10/2017

A cura di: Daniela D'Agostino

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