Fideiussioni omnibus: nullità parziale del contratto se viola le norme antitrust

contratto

Con una importante sentenza pronunciata a Sezioni Unite, la n. 41997/2021, la Corte di Cassazione ha risolto il contrasto giurisprudenziale e dottrinale relativo alla sorte dei contratti di fideiussione omnibus, che riproducono clausole dichiarate nulle dall’autorità antitrust. Prima di esaminare, in estrema sintesi, le conclusioni della Corte, ricordiamo che con la fideiussione omnibus un soggetto garantisce, con tutti i suoi beni presenti e futuri, l’adempimento di un’obbligazione contratta da altro soggetto nei confronti di un creditore; viene pertanto stipulato un contratto accessorio (a valle) rispetto al contratto principale (a monte) sottoscritto dal debitore.

Fideiussioni bancarie

Il settore nel quale normalmente viene stipulata la fideiussione è quello bancario, per garantire il pagamento delle somme concesse in prestito a seguito di finanziamenti o mutui. Questi ultimi costituiscono il contratto principale cui accede il contratto di fideiussione. Come noto, i contratti bancari sono predisposti sulla base di schemi negoziali standardizzati, che il cliente si limita a prendere in visione e sottoscrivere; si tratta di modulistica sottoposta a severi controlli da parte delle autorità preposte, come l’ABI e la Banca d’Italia e l’AGCM, cioè l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, al fine di assicurare il rispetto della normativa nazionale e comunitaria nei settori del credito e della finanza.

Provvedimento ABI

Ebbene, l’ABI nel 2005 ha emanato un provvedimento, il n.55, a seguito dell’avvio di un’istruttoria da parte della Banca d’Italia, per l’accertamento della violazione della legge antitrust n. 287/1990 sullo schema contrattuale di “fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie” ; con tale provvedimento è stato preliminarmente osservato che lo schema contrattuale in oggetto è caratterizzato dalla c.d. clausola omnibus, in forza della quale il fideiussore garantisce il debitore di una banca per tutte le obbligazioni da questo assunte, comprensive non solo dei debiti esistenti nel momento in cui la garanzia fideiussoria viene prestata ma anche di quelli che deriveranno in futuro da operazioni di qualunque natura intercorrenti tra la banca e il debitore principale. L’ABI, inoltre, ha chiarito che, a seguito della modifica legislativa intervenuta con riferimento al testo dell’art. 1938 cod. civ., la validità della fideiussione per debiti futuri è subordinata alla previsione di un importo massimo garantito, da definire in sede di sottoscrizione del contratto, per evitare che il fideiussore resti obbligato oltre a quanto stabilito al momento del rilascio della garanzia.

Clausole in violazione della normativa antitrust

Ciò premesso, l’ABI ha concluso dichiarando l’illegittimità delle seguenti clausole: l’art. 2 dello schema (clausola di reviviscenza), il quale dichiara il fideiussore tenuto “a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”; l’art. 6, il quale deroga all’art. 1957 c.c. che fissa un termine al creditore per chiedere l’adempimento al debitore principale ed al fideiussore; l’art. 8, il quale sancisce l’insensibilità della garanzia prestata agli eventuali vizi del titolo in virtù del quale il debitore principale è tenuto nei confronti della banca, disponendo che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”. Tali clausole, rileva l’ABI, sono lesive dell’art. 2 della legge 287/1990, nella misura in cui hanno unicamente lo scopo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa.

Le Sezioni Unite della Cassazione

Su tali presupposti, il nodo risolto dalle SU della Cassazione riguarda le ipotesi di contratti di fideiussione omnibus che riproducono tali clausole dichiarate illegittime e la sorte degli stessi; le Sezioni Unite, nell’articolata sentenza che ripercorre gli orientamenti seguiti dalla precedente giurisprudenza e dalla dottrina, giungono ad affermare il principio secondo il quale “i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall'Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a) e art. 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi dell'art. 2, comma 3 della Legge succitata e dell'art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l'intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti". Viene, in sostanza, affermata la nullità parziale dei contratti di fideiussione omnibus relativamente alle clausole anzidette, con conseguente rilevabilità d’ufficio della nullità medesima e imprescrittibilità della relativa azione, oltre al riconoscimento del diritto del fideiussore di ottenere la restituzione di quanto indebitamente pagato e al risarcimento del danno.

pubblicato il 09/11/2022

A cura di: Daniela D'Agostino

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