Il diritto del legittimario a non essere estromesso dall'eredità

L' art. 458 del codice civile, sotto la rubrica “Divieto di patti successori”, dichiara espressamente nullo ogni atto col quale un soggetto dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta o rinunzia ai medesimi. La norma è posta a tutela del diritto di ogni erede legittimo a partecipare alla successione ereditaria e ad ottenere ciò che gli spetta per legge, cioè la sua “ quota di legittima”, alla quale l’erede non può rinunziare prima che sia aperta la successione e della quale il dante causa non può disporre neanche per testamento.

In un caso sottoposto al giudizio di legittimità della Corte di Cassazione, un soggetto aveva disposto per testamento che tutti i beni ricompresi nell’asse ereditario venissero attribuiti ai soli figli maschi, stipulando con le figlie una scrittura privata, con la quale queste ultime accettavano una somma di denaro a tacitazione completa della futura eredità.

Con la sentenza  n. 24755 del  4 dicembre 2015, la Corte di Cassazione adita con ricorso dalle figlie, ha affermato che "il principio di intangibilità della legittima comporta che i diritti del legittimario debbano essere soddisfatti con beni o denaro provenienti dall’asse ereditario, con la conseguenza che l’eventuale divisione operata dal testatore contenente la disposizione per la quale le ragioni ereditarie di un riservatario debbano essere soddisfatte dagli eredi tra cui è divisa l’eredità' mediante corresponsione di somma di denaro non compresa nel relictum è' affetta da nullità ex art. 735, primo comma, cod. civ."

Da tale assunto consegue che la divisione disposta con testamento, nella quale il testatore non abbia contemplato le posizioni di alcuno dei legittimari, è nulla e che tale nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse ed è rilevabile d’ufficio dal giudice.

Lo  strumento utilizzato dalle eredi pretermesse – cioè escluse – dall’eredità è quello dell’azione di riduzione, con cui esse hanno chiesto al Tribunale, in primo grado, di essere reintegrate nella propria quota di legittima.

A tal proposito la Suprema Corte, con la citata sentenza, ha precisato che la reintegrazione della quota di legittima, conseguente l’esercizio dell’azione di riduzione, va effettuata con beni in natura, su cui spetteranno, all’erede illegittimamente escluso, anche i frutti maturati dalla data dell’apertura della successione.

Con l’ulteriore corollario che, nel reintegrare la quota di legittima in natura, mediante il riconoscimento della partecipazione del legittimario alla comunione ereditaria nei limiti della frazione prevista dalla legge, il giudice deve disporre la trascrizione, nei pubblici registri immobiliari, della quota di comproprietà' sui beni ereditari, spettante al legittimario e delle quote di comproprietà' spettanti agli eredi testamentari.

pubblicato il 01/03/2016

A cura di: Daniela D'Agostino

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