I diritti degli eredi legittimari

 L’art. 536 del codice civile elenca i soggetti “legittimari”, cioè le persone a cui la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione; esse sono il coniuge, i figli anche adottivi e gli ascendenti.

A tali soggetti l’ordinamento garantisce una particolare tutela, prevedendo il diritto di ciascuno ad una porzione di eredità, detta “quota di legittima”, indisponibile da parte del de cuius, che non può devolverla   con modalità diverse da quelle previste dalla lagge.

LE QUOTE DI LEGITTIMA

L’ordinamento, inoltre, regola le quote riservate ai legittimari, prevedendo i diversi casi di concorso tra eredi che possono verificarsi all’apertura della successione, schematizzati nel modo seguente:

 

se il defunto lascia solo il coniuge 1/2
coniuge più 1 figlio 1/3 al coniuge ed 1/3 al figlio
coniuge più 2 o più figli 1/4 al coniuge e 2/4 ai figli
solo 1 figlio 1/2
solo 2 o più figli 2/3
solo ascendenti 1/3
coniuge più ascendenti 1/2 al coniuge e 1/4 agli ascendenti 


 
La parte del patrimonio ereditario che residua, detratte le quote di legittima, è quella di cui il soggetto può disporre con testamento e che verrà devoluta alla sua morte secondo la sua volontà.

E’ possibile, tuttavia, che gli eredi, all’apertura della successione, si vedano attribuire porzioni di eredità inferiori alla quota spettante per legge o che, addirittura, siano estromessi dall’asse ereditario.

AZIONE DI RIDUZIONE

In tali casi la legge riconosce loro la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, attraverso l’esperimento della “azione di riduzione”, prevista agli artt. 553 e ss. c.c., nella sezione dedicata alla reintegrazione della quota riservata ai legittimari.

L’azione di riduzione, come spiega la parola stessa, comporta l’effetto di ridurre proporzionalmente le quote degli altri successibili fino a reintegrare le quote dei legittimari.

In concreto, significa che, con la sentenza del Tribunale che accerta la lesione della quota di legittima, tutti i beni conferiti – per testamento ma anche per donazione in vita – dal de cuius agli altri soggetti devono essere restituiti, per la quota eccedente, ai legittimari; laddove questo non possa avvenire in natura deve essere fatto per equivalente in denaro.

ACQUISTI COMPIUTI DAI TERZI

Importante è la norma contenuta nell’art. 563 c.c., che disciplina l’azione di riduzione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione.

La disposizione fa riferimento  al caso in cui il de cuius, durante la sua vita, abbia donato beni a soggetti diversi dai legittimari; se questi soggetti, successivamente, hanno alienato a loro volta gli stessi beni a terzi, la legge consente ai legittimari – lesi nella quota di legittima – di agire anche nei loro confronti, dopo aver tentato comunque di escutere il patrimonio dei donatari nei cui confronti sia stata pronunziata la sentenza che dispone la riduzione.

In breve, se il donatario si è spogliato del bene che sarebbe spettato al legittimario, questi deve innanzitutto agire in giudizio per l’accertamento della lesione della sua quota di legittima, quindi tentare di farsi restituire il bene o l’equivalente in denaro dal donatario, in  mancanza potrà agire nei confronti del terzo acquirente.

LIMITE TEMPORALE

La norma richiamata stabilisce, tuttavia, un limite temporale per l’azione nei confronti del terzo, che è quello di vent’anni dalla trascrizione dell’acquisto del bene, in caso si tratti di immobile; decorso tale termine, infatti, l’ordinamento fa salvi gli acquisti compiuti dai terzi, presumendone le buona fede.

Costituisce un’eccezione l’ipotesi in cui il coniuge o i parenti in linea retta del de cuius abbiano trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione; in tal caso il termine rimane sospeso dalla data della trascrizione, che perde efficacia se non viene rinnovata prima del decorso di vent’anni dalla stessa.  

Se, invece, si tratta di bene mobile la restituzione del bene al legittimario può avvenire soltanto nei casi in cui, a prescindere dal tempo intercorso dall’acquisto, il possessore del bene sia in mala fade, cioè era a conoscenza della lesione della quota del legittimario, circostanze da provare in sede giudiziaria.

pubblicato il 19/04/2017

A cura di: Daniela D'Agostino

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