Errata dichiarazione del terzo nel pignoramento presso terzi

Tra le varie forme di pignoramento quello più frequente  è il pignoramento presso terzi, così chiamato in quanto viene notificato anche ad un soggetto terzo rispetto al rapporto obbligatorio tra debitore e creditore, nelle ipotesi in cui il terzo sia tenuto nei confronti del debitore al versamento di somme a diverso titolo.

Esempi di pignoramento presso terzi sono il pignoramento dello stipendio e della pensione, nei limiti consentiti dalla legge, nonché il pignoramento delle somme depositate presso istituti di credito e finanziari.

PROCEDIMENTO

Il pignoramento inizia con la notifica da parte del creditore dell’atto di pignoramento al debitore ed al terzo, il quale, ricevuto l’atto, ha dieci giorni di tempo per dichiarare al creditore, a mezzo pec o lettera raccomandata, l’ammontare delle somme di cui è a sua volta debitore verso il soggetto pignorato; è anche possibile che il terzo renda una dichiarazione “negativa”, qualora non vi sia alcuna somma da pignorare.

DICHIARAZIONE DI TERZO

Sia in dottrina che in giurisprudenza la dichiarazione di terzo, disciplinata all’art. 547 c.p.c., viene considerata una dichiarazione confessoria poiché ha ad oggetto fatti sfavorevoli a chi la rende (in quanto nessuno riconoscerebbe di avere debiti se ciò non fosse vero) e favorevoli all'avversario.

Per questo motivo viene ammessa la sua revocabilità soltanto per errore di fatto e violenza, sempreché non sia già intervenuta l'ordinanza di assegnazione del giudice della procedura esecutiva, con la quale si attribuisce al creditore la somma dichiarata dal terzo.  

DICHIARAZIONE ERRATA

Tale principio è stato di recente confermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10912/2017, relativa al caso di errore in cui sia incorso il terzo nel rendere la dichiarazione.
Può accadere che il terzo commetta un errore di calcolo o incorra anche in un semplice refuso e comunichi di essere in possesso di somme del debitore per un ammontare che non corrisponde alla realtà.

In questi casi, afferma la Suprema Corte, il terzo pignorato può revocare la propria dichiarazione sino a quando non sia stata pronunciata l'ordinanza di assegnazione; mentre se l'errore incolpevole emerga dopo tale momento, ha l'onere di proporre contro l'ordinanza di assegnazione l'opposizione all'esecuzione ex art. 617 c.p.c..

In assenza di revoca od impugnativa, l'ordinanza di assegnazione è un provvedimento irretrattabile, e nell'esecuzione forzata iniziata sulla base di essa contro il terzo pignorato, a questi non è consentito nessuna ulteriore contestazione, salvo che concerna fatti sopravvenuti.

DICHIARAZIONE RETICENTE O ELUSIVA

Può anche accadere che il terzo renda una dichiarazione negativa ma che, in realtà, vi siano somme assoggettabili a pignoramento; in qest’ipotesi, sempre secondo la giurisprudenza della Cassazione, qualora la dichiarazione da questi resa risulti, in esito al successivo giudizio di accertamento contemplato dall'art. 549 c.p.c., reticente od elusiva, sì da favorire il debitore ad arrecare pregiudizio al creditore istante, a carico di detto terzo deve ritenersi configurabile, con riguardo al dovere di collaborazione nell'interesse della giustizia, che al terzo incombe quale ausiliario del giudice, la responsabilità per illecito aquiliano, a norma dell'art. 2043 c.c., in relazione alla lesione del credito altrui per il ritardo nel conseguimento del suo soddisfacimento provocato con quel comportamento doloso o colposo.

Di conseguenza, il terzo che abbia reso una dichiarazione reticente o elusiva potrà essere tenuto al risarcimento dei danni nei confronti del creditore procedente.

pubblicato il 06/06/2017

A cura di: Daniela D'Agostino

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