Divieto di patti successori

Il divieto per il notaio di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, ai sensi dell'art. 28 della legge 16 febbraio 1913 n. 89, comprende gli atti affetti da nullità assoluta, quali quelli che includono patti successori, espressamente vietati dalla legge.

LA CASSAZIONE

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27624 del 21 novembre 2017, relativa ad un caso in cui, su richiesta dell’Archivio notarile territoriale, era stato avviato procedimento disciplinare nei confronti di un notaio, poi sospeso dalla professione per alcuni mesi, per aver ricevuto un atto nullo in quanto contrario alla legge.

Nella specie, il notaio aveva ricevuto una convenzione nella quale due coniugi avevano stabilito che in caso di morte contemporanea i proventi dell’impresa sarebbero passati ad entrambi i figli nella misura del 50% ciascuno e che tale accordo sarebbe stato revocabile solo con l’accordo e la firma congiunta di entrambi i coniugi.

Clausola, quest’ultima, che di fatto privava ciascuno dei coniugi della facoltà di disporre liberamente per testamento della propria eredità, principio imprescindibile per il nostro ordinamento.

DIVIETO DI PATTI SUCCESSORI

Secondo la Cassazione, che conferma la decisione dei giudici di merito, detto accordo  rientra nelle ipotesi di patto successorio vietate dalla legge, che all’art. 458 del codice civile  sancisce la nullità di ogni convenzione con cui si dispone della propria successione,  così come di ogni atto di disposizione o rinunzia a diritti derivanti da una successione ancora non aperta.

Sussiste, pertanto, patto successorio – come tale nullo – allorquando, dall’accordo negoziale di due o più parti, risulti che il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte alla propria successione, accettando un vincolo che gli impedisca di revocare la propria disposizione.

LIBERTA’ DI DISPORRE

Il divieto dei patti successori si spiega in quanto il nostro ordinamento riconosce il diritto di ogni soggetto di disporre del proprio patrimonio per il periodo successivo alla propria morte, mediante testamento, atto dispositivo unilaterale che può essere redatto dinanzi al notaio o in forma olografa, cioè di proprio pugno.

L’intento del legislatore di  tutelare ampiamente la volontà del testatore trova ulteriore conferma nel riconoscimento del diritto di modificare e revocare le disposizioni testamentarie fino al giorno della morte.

REVOCABILITA’ DEL TESTAMENTO

Il testamento, infatti, è sempre revocabile, in tutto o in parte, e nessuno può essere costretto a non farlo: la legge, infatti, all’art. 679 del codice civile, stabilisce che non si può in alcun modo rinunziare alla facoltà di revocare o mutare le disposizioni testamentarie e che ogni clausola o condizione contraria non ha effetto.

La norma ha lo scopo specifico di garantire la libertà testamentaria e la possibilità di revocare disposizioni dettate sotto coercizione da parte di terzi o in momenti di particolare fragilità e stato di bisogno del disponente, che lo abbiano indotto a redigere un testamento che sarebbe stato altrimenti di contenuto diverso.

La revoca, a sua volta, può essere espressa o tacita, cioè risultante da atto o dichiarazione scritta o desumibile da fatti o comportamenti del testatore che rivelino la sua volontà di revocarlo.

Premesso ciò, è bene sapere che ogni accordo tra due o più parti con cui si dettino disposizioni per destinare il patrimonio a terzi, a seguito della morte di una o alcune parti contrattuali, è considerato nullo dalla legge; pertanto il notaio, eventualmente interpellato per la redazione, non può riceverlo né tantomeno provvedere alla sua registrazione, stante il divieto sancito dalle norme in materia notarile di acquisire atti contrari alla legge. 

pubblicato il 05/12/2017

A cura di: Daniela D'Agostino

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