La responsabilità dell’avvocato nei confronti del cliente

Ci siamo occupati più volte della responsabilità civile dei professionisti nei confronti dei propri clienti, per aver cagionato loro danni nello svolgimento dell’incarico ricevuto, a causa di negligenza o imperizia.

Abbiamo esaminato, ad esempio, il caso del commercialista responsabile per la mancata o erronea tenuta della contabilità della società assistita, come il caso del notaio responsabile per l’incompletezza delle indagini ipocatastali ventennali nei confronti dell’acquirente di un bene immobile; oggi ci occupiamo di un caso di responsabilità professionale dell’avvocato nella gestione dei contenziosi.

REGOLE GENERALE

Prima di entrare nello specifico ricordiamo le regole generali in materia di responsabilità del professionista contenute nel codice civile, partendo dall’art. 1176 che richiede, nell’adempimento delle obbligazioni inerenti l’esercizio di un’attività professionale, una particolare diligenza da valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata.

Si parla a tal proposito diligenza “qualificata”, cioè superiore alla media: il professionista, infatti, risponde, oltre che per dolo e colpa grave, anche per negligenza, imprudenza e colpa lieve, attese la specifiche conoscenze in suo possesso, salvi i casi in cui la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, in cui egli risponde solo per dolo o colpa grave.

CONDOTTA OMISSIVA

Una fattispecie particolare è quella della responsabilità per condotta omissiva, che si verifica quando il professionista, tenuto a compiere una determinata attività nell’interesse del suo assistito, omette invece di svolgerla, cagionando in tal modo un danno al cliente.   

Il danneggiato, per ottenere il risarcimento, è tenuto a dimostrare che il danno sia dipeso dalla condotta del professionista; tuttavia, poiché si è in presenza di un’omissione, la prova che se fosse stata svolta l’attività il danno non si sarebbe verificato non può basarsi su dati o prove caratterizzati dalla certezza ma sull’elevato grado di probabilità che il compimento degli atti omessi avrebbe evitato il danno.

PROVA DELLA RESPONSABILITA’

Ulteriore onere della prova a carico del cliente che si ritiene danneggiato è che l’omissione sia imputabile al professionista; dal canto suo questi, se può dimostrare di essersi adoperato diligentemente nei confronti del proprio assistito e che l’omissione sia dovuta a mancanza del cliente è esonerato da ogni responsabilità.

Rientra in quest’ipotesi il caso sottoposto all’esame della Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 20858 del 21 agosto 2018, su ricorso di un soggetto che era stato condannato in un altro giudizio da lui azionato, per mancata dimostrazione della domanda; il Tribunale, in particolare, lo aveva ritenuto soccombente perché, tramite il suo avvocato, non aveva provato adeguatamente la propria domanda (aveva chiesto il risarcimento danni al suo vicino per infiltrazioni nell’immobile di sua proprietà), mancando la prova testimoniale a suo favore.

Ricordiamo, infatti, che nei processi civili chiunque agisce in giudizio per far valere un proprio diritto deve provarlo, tramite documentazione scritta e altre prove, tra cui le testimonianze da parte di terzi estranei alla causa, i cui nominativi devono essere indicati negli atti introduttivi di chi intende avvalersene.

IL CASO

Nel caso specifico, il Tribunale adito dal soggetto danneggiato aveva ritenuto imputabile al suo legale la responsabilità di non avergli sconsigliato di intraprendere una causa pur in mancanza delle prove necessarie.

La Corte d'Appello, riformando tale sentenza, aveva invece escluso qualsiasi responsabilità professionale dell’avvocato, che aveva operato con la dovuta diligenza in quanto già nell'atto introduttivo del giudizio risarcitorio dei danni da infiltrazioni, aveva articolato capitoli di prova a sostegno della domanda, riservandosi di indicare in un momento successivo i testimoni.

La mancata indicazione dei nominativi dei testi, secondo la Corte d’appello, era invece imputabile alla cliente, che si era riservata di fornirli al proprio avvocato in un secondo momento ma aveva omesso di farlo.

La Corte di Cassazione, nel confermare la pronuncia in appello, precisa che la mancata indicazione al giudice delle prove indispensabili per l'accoglimento della domanda è di per sè manifestazione di negligenza del difensore, salvo che egli dimostri di non avere potuto adempiere per fatto a lui non imputabile o di avere svolto tutte le attività che nella particolare contingenza gli potevano essere ragionevolmente richieste allo scopo.

Nel caso in esame, risultava dagli atti che l'avvocato aveva richiesto e articolato la prova per testi già nell'atto introduttivo del giudizio ma il suo cliente non aveva mai fornito i nominativi dei testi da indicare.

pubblicato il 22/09/2018

A cura di: Daniela D'Agostino

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