Diritto alla bigenitorialità e interesse del minore nelle cause di separazione

padre e figlio seduti sul divano abbracciati

In caso di separazione dei coniugi la questione più delicata è quella relativa all’affidamento dei figli minorenni e al mantenimento degli stessi.

Affido condiviso

Riguardo all’affidamento il principio cardine delle decisioni dei giudici chiamati a stabilire le condizioni della separazione è quello della bigenitorialità, sancito dall’art. 337 ter del codice civile in base al quale "il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.

Il diritto alla bigenitorialità comporta come naturale conseguenza la previsione dell’affidamento condiviso, nel senso di stabilire una paritaria frequentazione di entrambi i genitori, seppure intesa non in modo restrittivo ben potendo il Giudice stabilire tempi di permanenza diversi tra i genitori.

Interesse specifico e concreto del minore

Il tema del diritto alla bigenitorialità è molto dibattuto e spesso non è facile tracciare il confine tra diritto di entrambi i genitori separati a frequentare il figlio e diritto di quest’ultimo a uno sviluppo sano ed equilibrato. Per questa ragione i Tribunali, come pure gli assistenti sociali e i mediatori eventualmente intervenuti a gestire le conflittualità, sono chiamati a compiere valutazioni che tengano conto del primario interesse del minore nel caso concreto, prescindendo da astratte considerazioni teoriche.

Per comprendere la difficoltà dell’argomento riportiamo un'interessante ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 9691 del 24/03/2022, relativa a un caso in cui sia in primo grado che in appello i giudici avevano disposto l’allontanamento del minore dalla madre, con conseguente affidamento ad una struttura di accoglienza, per consentire di recuperare il rapporto del minore con la figura paterna, rapporto ostacolato dalla madre che impediva al figlio le frequentazioni con l’altro genitore.

Sindrome da alienazione parentale

Secondo i giudici di merito, che avevano accolto le conclusioni del consulente tecnico nominato d’ufficio, il minore subiva fortemente l’influenza materna, tanto da voler prendere le distanze dal padre e ciò, a detta dei giudici, assumeva le caratteristiche della cosiddetta "sindrome da alienazione parentale" o PAS (dall’inglese Parental Alienation Syndrome). Con tale espressione si fa riferimento a quel disturbo comportamentale – non riconosciuto in Italia dalla comunità scientifica come patologia - del minore, il quale, fortemente influenzato dal genitore "alienante" o "malevolo" finisce per rifiutare ogni relazione con il genitore "alienato".

La Corte di Cassazione sull’argomento

Secondo la Corte di Cassazione, nel caso richiamato, i giudici di merito avevano errato nelle loro conclusioni, perché non avevano tenuto conto del primario interesse del minore a crescere nell’ambiente familiare costituito dalla madre e dai nonni materni, cui pure era legato, sradicandolo forzatamente da quel nucleo affettivo, in vista di un astratto "diritto alla bigenitorialità", non calato nella fattispecie.

La violazione del diritto alla bigenitorialità, afferma la Suprema Corte, da parte del genitore che ostacoli i rapporti del figlio con l’altro genitore, e la conseguente necessità di garantire l'attuazione di tale diritto, non impongono necessariamente la pronuncia di decadenza del genitore malevolo dalla responsabilità genitoriale e l’allontanamento del minore dalla sua residenza, quali misure estreme che recidono ineluttabilmente ogni rapporto, giuridico, morale e affettivo con il figlio.

Necessità di contemperare le esigenze

È sempre necessaria, infatti, la verifica, nell’interesse del minore, della possibilità che tale rimedio incontri un limite nell'esigenza di evitare un trauma, anche irreparabile, allo sviluppo fisico-cognitivo del figlio, in conseguenza della improvvisa e radicale esclusione di ogni relazione con il genitore con il quale ha sempre vissuto, coltivando i propri interessi di bambino, e della correlata lacerazione di ogni consuetudine di vita. Occorre, in conclusione, contemperare il diritto alla bigenitorialità con l’interesse reale e concreto del minore, adottando i provvedimenti opportuni per il mantenimento, o il recupero, del rapporto con entrambi i genitori, senza ricorrere a soluzioni estreme, come quella adottata nel caso appena esaminato, salve le ipotesi di accertata incapacità genitoriale del genitore affidatario.

pubblicato il 25/05/2022

A cura di: Daniela D'Agostino

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