Il termine di decadenza del danno da emotrasfusione

medico che tiene nelle mani un cuore rosso

In cosa consiste il danno da emotrasfusione?

L'emotrasfusione, comunemente chiamata “trasfusione”, è una procedura medica che comporta il trasferimento di sangue o di alcuni singoli componenti di quest'ultimo (come plasma o piastrine) da un soggetto, chiamato donatore, ad un ricevente. Tale operazione può essere eseguita per le ragioni più disparate inclusi il ripristino di volumi di liquidi adeguati, l'aumento del numero di globuli rossi per trattare l'anemia e altre condizioni mediche.

Per danno da emotrasfusione si intende la menomazione del diritto alla salute cagionata solo a seguito di una trasfusione di emoderivati.

Il soggetto responsabile è colui che, omettendo i relativi controlli di sicurezza, ha prodotto o diffuso il farmaco o l'emoderivato infetto. Più in generale a seguito di pronunce sempre più numerose è possibile affermare che questa figura si concretizza nel Ministero della sanità quale, appunto, soggetto preposto alla tutela della salute pubblica che avrebbe omesso di esercitare i propri poteri-doveri di sorveglianza.

Quali sono le condizioni per poter richiedere un risarcimento?

L'emotrasfusione non è una operazione priva di qualsivoglia rischi in quanto può capitare che, ove non correttamente eseguita, il ricevente possa avere reazioni allergiche e/o infezioni trasmesse attraverso il sangue cagionandogli cosi un danno.

Per chiedere il risarcimento il paziente deve aver riportato lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell'integrità psicofisica. Questo perché il danno risarcibile, nel caso, è solo quello che deriva dalla conseguenza negativa sulle attività ordinarie intese come aspetti dinamico-relazionali comuni a tutti nonché sul modo di essere della persona.

Il danno da lesione alla salute per emotrasfusione è pertanto risarcibile solo ove abbia come effetto la compromissione di una o più abilità del danneggiato nello svolgimento delle attività quotidiane e spazia dal “fare, all’essere, all’apparire”. Se la vittima non lamenta nessuna di queste conseguenze, la lesione alla salute non si traduce in un danno medico che sia legalmente apprezzabile e risarcibile (Cass. Ord. 7513/2018).

Qual è la procedura per richiedere l'indennizzo?

La Legge 210 del 1992 prevede un indennizzo “speciale” per i danneggiati in modo irreversibile da trasfusioni e somministrazione di emoderivati infetti. La domanda per l’ottenimento del risarcimento da inoltrare all'Azienda locale deve essere corredata da una serie di documenti attestanti la data di effettuazione della pratica sanitaria, con indicazione dei dati relativi a quest'ultima.

Viene poi espresso da un'apposita commissione medico-ospedaliera un giudizio sanitario circa la sussistenza del nesso causale tra la trasfusione o somministrazione di emoderivati, ovvero il contatto con il sangue infetto o con gli emoderivati in occasione del servizio da parte degli operatori sanitari e la menomazione dell’integrità psico-fisica o il decesso.

Quali sono i termini di decadenza per proporre la richiesta di risarcimento?

La tematica è stata recentemente oggetto di rivisitazione a favore di un'interpretazione che, in un certo senso, favorisce, con giuste argomentazioni, il danneggiato. La recente ordinanza della Corte di Cassazione, la  n. 30739 del 6 novembre 2023 ha infatti chiarito i termini entro cui è possibile proporre la domanda di indennizzo.

A tal proposito è stato infatti sancito che la decorrenza del termine triennale di decadenza per la proposizione della domanda previsto dalla legge n. 210 del 1992 deve essere stabilita ricostruendo, sulla base di indici oggettivi, il momento in cui deve ritenersi maturata in capo all’interessato la conoscibilità del nesso causale tra la trasfusione e la patologia. L'ordinanza richiama i principi tutti sanciti in materia dalla Corte Costituzione la quale, a sua volta, ha sempre sottolineato le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo, poste a fondamento della disciplina introdotta dalla L. n. 210 del 1992.

Per tale motivo la vicenda si è conclusa ritenendo che solo la conoscenza effettiva del danno segni il dies a quo del triennio per la presentazione della domanda amministrativa di risarcimento.

pubblicato il 14/12/2023

A cura di: Luca Giovacchini

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