Immobile acquistato da un coniuge e intestato all’altro: dopo la separazione va restituito?

casetta e mazzo di chiavi

Uno degli aspetti spesso discussi in sede di separazione coniugale è la sorte dei beni, in particolare degli immobili, che sono stati acquistati durante il matrimonio da un coniuge e intestati all’altro, dopo la separazione.

Finalità dell’intestazione all’altro coniuge

L’intestazione della casa o di un altro immobile al coniuge che non ha provveduto ad alcun esborso per l’acquisto può essere motivata da fini "solidaristici", ma nella maggior parte dei casi risponde a esigenze di carattere fiscale e finanziario, in quanto consente al coniuge che produce reddito di pagare aliquote inferiori o, in presenza di debiti, di rendere più difficoltosa l’azione dei creditori che non possono aggredire immediatamente il bene intestato al coniuge non indebitato (si vedano in proposito gli articoli sull’azione revocatoria).

Al momento della separazione, tuttavia, il coniuge che ha effettivamente acquistato potrebbe pretendere dall’altro la restituzione del bene o il rimborso della somma pagata per l’acquisto, ritenendo che il venir meno del vincolo matrimoniale e dell’affectio che prima legava i coniugi non giustifichi più la situazione precedente.

Donazioni indirette

È possibile questo? Le pronunce della Corte di Cassazione non vanno nella direzione sperata da chi vorrebbe riappropriarsi del bene o dell’equivalente, perché, nella maggior parte dei casi, considerano l’operazione effettuata una donazione indiretta.

Ricordiamo che oltre alle donazioni tipiche, cioè agli atti espressamente denominati "donazioni", nella pratica esistono molte forme atipiche o indirette di donazione, non sempre facilmente riconducibili alla fattispecie della donazione perché caratterizzate da elementi caratteristici di altri negozi giuridici.

In generale, si ha una donazione indiretta in tutti quei casi in cui si verifica un arricchimento del beneficiario in correlazione ad un impoverimento del disponente, senza che tuttavia sia stipulata una donazione formale, vale a dire il contratto nella forma dell’atto pubblico notarile ricevuto in presenza di due testimoni.

La casistica delle donazioni indirette è molto ampia: si va dal negozio misto compravendita-donazione, in cui per il bene oggetto di compravendita è stabilito un prezzo simbolico, a tutti i casi di bene acquistato con denaro versato da terzi, alla fideiussione rilasciata in favore di un soggetto con contestuale rinunzia al diritto di rivalsa.

Revocazione della donazione

La donazione è un atto generalmente irrevocabile, salvo alcune ipotesi previste dalla legge, che, per la loro rilevanza e gravità, consentono al donante o ai suoi eredi di revocarla; la revocazione comporta l’obbligo per il donatario di restituire i beni ricevuti e i relativi frutti, mentre se i beni sono stati alienati il donatario dovrà restituirne il valore corrispondente.

Tra le ipotesi di revocazione della donazione, quella fatta per sopravvenienza di figli, qualora, cioè, il donante abbia figli o discendenti ovvero scopra di averne successivamente alla donazione; la relativa azione deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell’ultimo figlio o discendente legittimo o dalla notizia della loro esistenza.

Il caso, tuttavia, più rilevante di revocazione, previsto dall’art. 801 del codice civile, è l’ingratitudine del donatario, che si realizza con atti particolarmente gravi commessi da quest’ultimo nei confronti del donante.

Si tratta degli stessi atti previsti dal codice civile nei casi d’indegnità dell’erede: omicidio o tentato omicidio del dante causa (donante) o del suo coniuge o ascendente o discendente, altri reati puniti con la stessa pena dell’omicidio, calunnia e falsa testimonianza.

È necessario, affinché possa ritenersi integrata la fattispecie dell’ingratitudine, che il donatario abbia posto in essere atti gravemente lesivi della dignità morale del donante il quale, per tale ragione, può chiedere al giudice la revocazione della donazione.

Intestazione al coniuge come donazione indiretta

Tornando alla fattispecie dell’immobile acquistato dal coniuge e intestato all’altro, spesso il soggetto che chiede la revoca dell’intestazione fa valere l’”ingratitudine” del coniuge da cui si è separato successivamente all’acquisto, ad esempio per infedeltà o altre motivazioni.

In una recente ordinanza, la n. 14740/2022, la Cassazione torna ad occuparsi di una di queste ipotesi, affermando che l'attività con la quale il marito fornisce il denaro affinché la moglie divenga con lui comproprietaria di un immobile è riconducibile all'ambito della donazione indiretta, così come sono ad essa riconducibili, finché dura il matrimonio, i conferimenti patrimoniali eseguiti spontaneamente dal donante, volti a finanziare lavori nell'immobile, giacché tali conferimenti hanno la stessa causa della donazione indiretta.

Il principio è applicabile non solo ai casi di cointestazione del bene ma, a maggior ragione, ai casi di bene intestato unicamente al coniuge che non ha versato il prezzo.

Quanto alla revoca per ingratitudine, già in precedenza la Cassazione aveva sostenuto che la relazione extraconiugale - pur potendo rilevare ad altri fini, come per l’addebito della separazione - costituisce ingiuria grave solo se a essa si accompagna un atteggiamento di disistima ed avversione da parte del coniuge infedele, con caratteristiche di disprezzo ed offesa nei confronti dell’altro coniuge (così Cass. 24965/2018).

pubblicato il 11/07/2022

A cura di: Daniela D'Agostino

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