Provvigione dell’agente immobiliare

Il contratto concluso con l’agente immobiliare, da parte di soggetti interessati alla compravendita di un immobile, rientra nella forma giuridica della mediazione, regolata dal Codice Civile agli articoli 1755 e seguenti.

Mediazione

Si qualifica “mediatore” colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza; l’attività del mediatore, pertanto, è basata sull’incrocio tra domanda e offerta di un dato bene o servizio e viene portata a termine con la conclusione dell’operazione contrattuale tra le parti interessate.
A proposito della provvigione, l’art. 1755 del Codice Civile dispone che, nel caso in cui l’affare voluto dalle parti si sia concluso grazie all’intervento del mediatore, questi ha diritto alla provvigione, a carico di entrambe le parti, nella misura concordata o secondo le tariffe professionali o gli usi.
Sul punto si è espressa più volte la giurisprudenza della Cassazione, affermando, a seconda dei singoli casi, il diritto del mediatore al pagamento della provvigione, oppure negandolo nelle ipotesi di mancata conclusione di un accordo, seppure in via preliminare.

Spettanza della provvigione

A tale ultimo proposito, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7781/2020, nel richiamare l’orientamento già espresso, secondo il quale ai fini dell’insorgenza del diritto del mediatore al riconoscimento alla provvigione non è sufficiente un accordo preparatorio finalizzato a regolamentare il successivo svolgimento del contratto definitivo, essendo necessaria la conclusione dell’affare, ha affermato il seguente principio di diritto : «Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all'art.2932 c. c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato.”

Casi di esclusione del diritto alla provvigione

Va invece escluso il diritto alla provvigione, sempre secondo la Suprema Corte, qualora tra le parti non sia stato concluso un "affare" in senso economico-giuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive fasi del procedimento formativo dell'affare; è, questo, ad esempio il caso di  stipula di un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, ovvero un cd. "preliminare di preliminare", costituente un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall'esecuzione in forma specifica ex art.2932 c.c. in caso di inadempimento.
Secondo la Cassazione, pertanto, anche in caso di stipula di “preliminare di preliminare”, l’inadempimento di una delle parti non legittima l’altra ad esercitare gli strumenti di tutela finalizzati a realizzare, in forma specifica o per equivalente, l'oggetto finale del progetto negoziale non concluso, ma soltanto ad invocare la responsabilità contrattuale della parte inadempiente per il risarcimento del danno derivante dalla violazione, contraria a buona fede, della specifica obbligazione contenuta nell'accordo interlocutorio.

Mancata conclusione dell’affare

Nel caso sottoposto all’esame della Suprema Corte, un agente immobiliare aveva chiesto il riconoscimento del suo diritto alla provvigione, per la mediazione offerta ai fini dell’acquisto di un immobile, affare non conclusosi per il mancato accordo delle parti sui punti essenziali del contratto; proprio il mancato raggiungimento dell’accordo, seppure preliminare, aveva comportato il rigetto del ricorso dell’agente, confermando la decisione della corte d’appello, sul presupposto del mancato raggiungimento degli elementi minimi del negozio giuridico.

pubblicato il 17/06/2020

A cura di: Daniela D'Agostino

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