Quando il conduttore può rinunciare all’avviamento commerciale

In materia di locazioni commerciali un argomento molto dibattuto è se sia configurabile, per il conduttore, la facoltà di rinunciare all’indennità per la perdita dell'avviamento commerciale in caso di scioglimento del contratto.
Ricordiamo che l’art. 34 della legge n. 392 del 1978 (cosiddetta legge sull’equo canone) dispone che in caso di cessazione di un rapporto di locazione di immobile ad uso commerciale, turistico, industriale, sportivo o professionale, il conduttore ha diritto ad una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto, a 21 mensilità se si tratta di attività alberghiera.

 

PAGAMENTO DELL’INDENNITA’

La stessa norma prevede il pagamento di un’ulteriore somma pari alla precedente se, a seguito della cessazione della locazione, il locale venga adibito, dal proprietario o da terzi, alla stessa attività precedentemente svolta o ad attività affini entro un anno dalla cessazione.
Non è dovuta l’indennità per le attività che non comportino un contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, come dispone l’art. 35 l. 392/78, precisando  che sono esclusi anche gli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, stazioni di servizio, alberghi e villaggi turistici.

 

RIEQUILIBRIO CONTRATTUALE

Lo scopo dell’indennità, sotteso alla normativa sull’equo canone,  è quello di risarcire il conduttore, ristabilendo l’equilibrio economico alterato a seguito della cessazione della locazione, riconoscendogli un  compenso per la perdita dell’avviamento che egli ha creato con la propria attività; ulteriore finalità è quella di evitare che il locatore si avvantaggi illegittimamente dell’incremento di valore del locale, dovuto all’esercizio dell’attività da parte del conduttore.
Proprio questa finalità di equilibrio del rapporto contrattuale (il cosiddetto “sinallagma”), unito ad una visione risalente agli anni ‘70, che poneva il conduttore, anche di immobili commerciali, in una posizione di debolezza rispetto al proprietario dell’immobile, ha fatto sì che la giurisprudenza ritenesse intangibile, dunque non rinunciabile, il diritto all’indennita' per perdita dell'avviamento commerciale da parte del conduttore.

 

ART. 79 L. 392/78

In una recente sentenza, la n. 24221 del 30.9.2019, la Corte di Cassazione ripercorre le posizioni assunte dalla giurisprudenza di legittimità sull’argomento, partendo dalla considerazione dell’art. 79 della l. 392/78; in base a tale norma è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dalla legge stessa, ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni normative.
La norma in questione, proprio per tutelare il conduttore, inteso come “parte debole” del contratto di locazione, vieta gli accordi in cui si pattuisce un canone più alto o una durata inferiore rispetto ai parametri fissati nella legge sull’equo canone  (esclusi i contratti a canone libero o concordato, dove le parti hanno maggiore autonomia).

 

INAMMISSIBILITA' DELLA RINUNCIA

Non vi è, nell’art. 79, alcun espresso riferimento all’avviamento commerciale nelle locazioni non abitative, purtuttavia la giurisprudenza di legittimità ha fatto rientrare, in tale ambito, il divieto di pattuizioni nelle quali il conduttore rinuncia a tale diritto.
Ciò in quanto la rinuncia all’indennita' per l'avviamento commerciale potrebbe essere oggetto di contrattazione al ribasso per il conduttore, nel senso di indurlo ad acconsentire a perdere l’avviamento a fronte di una riduzione del canone, non necessariamente commisurata a tale perdita.

 

RINUNCIA SUCCESSIVA

L’evoluzione della giurisprudenza, tuttavia, nel ridimensionare il concetto di “debolezza” del conduttore nelle locazioni commerciali, è giunta a consentire che la rinuncia all’avviamento possa essere concordata in una fase successiva alla stipula del contratto di locazione, quando, cioè, gli elementi essenziali del contratto (canone, durata) sono stati già determinati.  
In conclusione, il principio affermato dalla Cassazione più recente richiamata nell’ordinanza 24221/2019, è  che la clausola del contratto contenente una rinuncia preventiva, da parte del conduttore, all’indennità di avviamento a fronte della riduzione del canone, è nulla in virtù dell'art. 79 della legge 27 luglio 1978 n. 392; non è, tuttavia, precluso al conduttore di rinunciare alla detta indennità successivamente alla conclusione del contratto, quando può escludersi che si trovi in quella posizione di debolezza alla cui tutela la richiamata disciplina è preordinata.

pubblicato il 24/10/2019

A cura di: Daniela D'Agostino

Come valuti questa notizia?
Quando il conduttore può rinunciare all’avviamento commercialeValutazione: 5/5
(basata su 1 voti)