La nuova disciplina delle convivenze di fatto

 Abbiamo già parlato qualche tempo fa delle Unioni Civili introdotte dalla “legge Cirinnà”, n. 76 del 20 maggio 2016, pubblicata sulla G. U. n.118 del 21 maggio 2016. Oggi torniamo a trattare questo argomento dato che oltre all’introduzione dell’innovativo istituto giuridico delle unioni civili tra coppie omosessuali, è stata regolamentata la materia delle convivenze di fatto, cioè di tutte quelle situazioni di convivenza che esulano dal matrimonio, per le persone eterosessuali, ma anche dalle unioni civili, per le persone dello stesso sesso.

AMBITO DI APPLICAZIONE

Anche questa era un’istanza generalizzata e sentita da qualche decennio, tante sono le coppie che, per diversi motivi, decidono di non contrarre matrimonio - come quelle che potranno decidere di non contrarre unione civile - pur mantenendo un rapporto affettivo e di convivenza stabile e duraturo.
Per queste coppie, fino ad oggi, la legge non prevedeva una specifica normativa e la tutela delle convivenze di fatto era demandata alle decisioni della giurisprudenza, volta per volta chiamata a pronunciarsi sui singoli casi.

La disciplina introdotta dalla l. 76/2016 recepisce la prassi giurisprudenziale che è andata consolidandosi negli anni, estendendo alle coppie di fatto i diritti di assistenza e rappresentanza, nonché le tutele previdenziali e di carattere successorio previste per i coniugi. Dal punto di vista patrimoniale, inoltre, è introdotta la possibilità, per i conviventi, di stipulare convenzioni per definire il regime patrimoniale di coppia, con la facoltà di scegliere la comunione dei beni, seppure con le limitazioni che vedremo.

Analizziamo ora il testo di legge, nelle parti più salienti relative alle convivenze di fatto.

DEFINIZIONE DELLA CONVIVENZA DI FATTO

In primo luogo la legge definisce «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile; non vi è, pertanto, distinzione di sesso ma il riferimento alla mancanza di vincoli di altra natura che escluderebbero la configurazione della convivenza di fatto.

Vediamo quali diritti hanno i conviventi di fatto.

DIRITTI DEI CONVIVENTI

In primo luogo la legge prevede gli stessi diritti spettanti al coniuge per i casi di detenzione di uno dei conviventi (diritto di visita, di procura per gli atti esterni, etc.).

In caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza pubbliche, private o convenzionate, previste per i coniugi e i familiari. Ciascun convivente di fatto può designare l'altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati: a) in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute; b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.

La designazione del convivente quale rappresentante deve essere effettuata in forma scritta e autografa oppure, in caso di impossibilità di redigerla, alla presenza di un testimone.

In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni. Tale diritto viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.

Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.
Sempre riguardo al diritto di abitazione la legge Cirinnà dispone che nel caso in cui l'appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l'assegnazione di alloggi di edilizia popolare, di tale titolo o causa di preferenza possono godere, a parità di condizioni, i conviventi di fatto. E’ estesa anche la possibilità di costituire, con il convivente di fatto, un’impresa familiare, al cui scopo è introdotta nel codice civile una nuova norma, l’art. 230-ter, con la previsione di una partecipazione agli utili dell'impresa familiare.

Quanto ai diritti di assistenza la legge prevede che il convivente di fatto può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno, qualora l'altra parte sia dichiarata interdetta o inabilitata. Importante è anche la disposizione che estende al convivente il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito di terzi in caso di decesso dell’altro convivente.

Veniamo ora alle disposizioni sul regime patrimoniale.

CONTRATTO DI CONVIVENZA

I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un “contratto di convivenza”, che deve essere redatto in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato, che andrà iscritto all’anagrafe a cura del professionista.

Il contratto può contenere: l'indicazione della residenza, le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, il regime patrimoniale della comunione dei beni, che può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza. Il contratto di convivenza si risolve per accordo delle parti, recesso unilaterale, matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona, morte di uno dei contraenti; qualora il contratto di convivenza preveda il regime patrimoniale della comunione dei beni, la sua risoluzione ne determina lo scioglimento.

Ai contratti di convivenza si applica la legge nazionale comune dei contraenti, mentre ai contraenti di diversa cittadinanza si applica la legge del luogo in cui la convivenza è prevalentemente localizzata; sono fatte salve le norme nazionali, europee ed internazionali che regolano il caso di cittadinanza plurima.

Importante è la previsione del diritto agli alimenti del convivente che versi in stato di bisogno e che non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, in caso di cessazione della convivenza di fatto; la parte che ne ha diritto potrà ricorrere al giudice, che stabilirà gli importi dovuti e la durata dell’obbligo, proporzionata alla durata della convivenza.

pubblicato il 08/06/2016

A cura di: Daniela D'Agostino

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