Separazione tra coniugi e determinazione dell’assegno di mantenimento

 Un tema rilevante in sede di separazione tra coniugi è quello relativo alla quantificazione dell’assegno di mantenimento dovuto al coniuge al quale vengono affidati i figli minori.

Anche dopo l’entrata in vigore nel nostro ordinamento dell’affidamento condiviso (legge n.54/2006), in base al quale i figli della coppia possono essere affidati ad entrambi i genitori, che avranno pari compiti e responsabilità nel loro accudimento, è possibile che il giudice stabilisca la collocazione prevalente del minore presso un coniuge, al quale verrà assegnata la casa familiare e che avrà diritto all’assegno di mantenimento mensile.

CRITERI DI DETERMINAZIONE DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO

Tra i criteri di determinazione dell’ammontare dell’assegno il giudice prenderà in considerazione in primo luogo i redditi di entrambi i coniugi, valuterà le esigenze dei figli ed il tenore di vita familiare prima della separazione, che dovrà essere possibilmente mantenuto  anche dopo, salvo che siano intervenuti eventi modificativi delle condizioni patrimoniali delle parti.

Oltre al reddito saranno valutate dal giudice tutte le altre risorse economiche dei coniugi, compresa la loro capacità lavorativa, con particolare riferimento al coniuge con cui abitano i figli.
A quest’ultimo riguardo, nel caso di genitore privo di occupazione, tale circostanza dovrà essere attentamente valutata dal giudice, affinchè non costituisca elemento astratto per quantificare l’assegno ma venga ponderata ogni situazione anche pregressa.

GENITORE PRIVO DI OCCUPAZIONE

Per chiarire meglio quanto appena detto è utile richiamare l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. sesta civile, del 4 aprile 2013 n. 8286, nella quale è stato affermato che “ in tema di separazione tra coniugi, ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento a favore dei figli, il giudice del merito non deve considerare soltanto i redditi in denaro, ma anche le utilità o le capacità proprie del genitore collocatario, in relazione all’attitudine al lavoro ed alla capacità di guadagno dello stesso. Tuttavia, tale capacità dovrà considerarsi alla luce di fattori concreti soggettivi ed oggettivi e non in termini meramente astratti o ipotetici (ad esempio, verificando se il genitore abbia mai lavorato, se si sia attivato nella ricerca di un lavoro ovvero se abbia rifiutato occasioni lavorative)”.    

ATTITUDINE ALLA CAPACITA’ LAVORATIVA DEL GENITORE COLLOCATARIO

Nella specie, la Suprema Corte, in applicazione del riferito principio, ha cassato la sentenza di merito che aveva ridotto l’assegno di mantenimento a carico del padre in favore della figlia minore sulla base della ritenuta capacità economica del genitore collocatario (la madre), fondata sull’affermazione apodittica che quest’ultimo era un soggetto in giovane età e senza impedimenti fisici che incidevano sull’attività lavorativa.

Al contrario, secondo la Corte, il giudice del merito avrebbe dovuto esaminare in concreto la posizione della moglie (ossia, se avesse mai lavorato, se si fosse attivata nella ricerca di un posto di lavoro, se avesse rifiutato occasioni lavorative, ecc…), considerato, peraltro, che il marito era tenuto a corrispondere in favore della stessa un assegno di mantenimento.

pubblicato il 31/08/2016

A cura di: Daniela D'Agostino

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