Nullità della locazione per mancata registrazione del contratto

 La Corte di Cassazione più volte si è espressa in ordine agli effetti della mancata registrazione del contratto di locazione, ad uso abitativo e commerciale, nonché sulla sorte dei cosiddetti patti aggiunti o “integrativi” del canone.

E’ frequente, infatti, nella pratica che proprietario e conduttore concordino un canone diverso e maggiorato rispetto a quello risultante dal contratto scritto e registrato, al fine di far conseguire al proprietario un risparmio di spesa fiscale e tributario.

ACCORDO SIMULATO

Il patto in tal senso raggiunto dalle parti contraenti è un vero e proprio accordo simulato, con cui si fa risultare un corrispettivo inferiore rispetto a quello realmente versato dal conduttore.
Su questi argomenti è intervenuta da ultimo la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con una complessa e articolata sentenza, la n. 23601 del 09/10/2017, nella quale sono stati affermati in modo univoco alcuni importanti principi in materia di locazioni.

LE SEZIONI UNITE DELLA CASSAZIONE

Il primo di questi principi stabilisce che la mancata registrazione del contratto di locazione di immobili ne comporta la nullità, con la precisazione che la registrazione tardiva – effettuata oltre il termine di 30 giorni previsto dalla legge, decorrente dalla stipula del contratto – rende efficace il contratto medesimo con effetti retroattivi; ciò significa che se il proprietario o anche il conduttore registrano il contratto in ritardo le obbligazioni reciproche e le clausole contrattuali verranno considerate valide ed efficaci a partire dal giorno della stipula, non da quello della registrazione.

REGISTRAZIONE DEL CONTRATTO

La norma presa in considerazione dalla Suprema Corte sul punto è l’art. 1 comma 346 della legge n. 311/2004 (Finanziaria 2004), che sancisce la nullità totale del contratto di locazione non registrato, sanabile con la tardiva registrazione, cioè dopo 30 giorni dalla stipula o dall’esecuzione per i contratti verbali.

Altro fondamentale principio affermato dalle Sezioni Unite è quello relativo all’efficacia dei patti “integrativi” o modificativi del canone, in ordine ai quali la Corte dichiara “ nullo il patto col quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; detta nullità “vitiatur sed non vitiat”, con la conseguenza che solo il patto risulterà insanabilmente nullo, a prescindere dall'avvenuta registrazione”.

ACCORDI DI MAGGIORAZIONE DEL CANONE

Il conduttore, in pratica, potrà impugnare l’accordo integrativo con il quale si è impegnato a versare un canone maggiore rispetto a quello originariamente pattuito con il contratto registrato, facendone valere la nullità, fermo restando il suo obbligo di versare il canone iniziale.

Anche tale principio parte dalla considerazione delle norme in materia, in particolare l’art. 13 L. 431/1998 (locazione di immobili ad uso abitativo), secondo cui è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato.
Nella stessa direzione è l’art. 79 l. 392/1978 (cd. Legge sull’equo canone, riferita a tutti i tipi di locazione), in base al quale è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dalla legge medesima.

NON CONSENTITA LA SANATORIA DEI PATTI AGGIUNTIVI

Sull’argomento dei patti aggiunti si era già espressa in passato la Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 7634/16, in tema di canoni di locazione pagati “in nero” dal conduttore al proprietario, affermando che il patto  di maggiorazione del canone, con cui si stabilisce un canone maggiore rispetto a quello dichiarato e registrato, è nullo e non viene sanato dalla registrazione tardiva dello stesso, giacché essa rappresenta un fatto extra-negoziale, inidoneo ad influire sulla validità civilistica.

Secondo la Corte, dunque,  in questi casi il contratto di locazione registrato per un canone inferiore al reale resta valido per il canone apparente, mentre l’accordo simulatorio relativo al maggior canone è affetto da nullità, non sanabile con eventuale registrazione tardiva.

CONCLUSIONI

Possiamo concludere che, in base alla citata disciplina ed ai principi giurisprudenziali esposti, per le locazioni ad uso abitativo e non le parti, nel corso del rapporto, non possono concordare aumenti del canone stabilito contrattualmente, se non nei limiti consentiti dalla legge del 75% dell’indice ISTAT; ogni accordo  che preveda un canone maggiorato è nullo, con la conseguenza che il conduttore, con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell'immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme in più corrisposte.

pubblicato il 12/10/2017

A cura di: Daniela D'Agostino

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