Le azioni a tutela del compratore

Il nostro ordinamento disciplina il contratto di compravendita, prevedendo una disciplina generale contenuta nel codice civile, relativa agli acquisti di beni mobili e immobili, nonché una disciplina più specifica contenuta nel Codice del consumo relativa alle operazioni concluse tra un soggetto professionista ed un consumatore.

Per quanto riguarda le norme che tutelano l’acquirente nel caso in cui il bene acquistato presenti vizi o difetti il codice civile regola la materia agli artt. 1490 e seguenti, concernenti le cosiddette azioni “edilizie” (termine derivante da istituti giuridici del diritto romano).

AZIONI EDILIZIE

In base a queste norme il venditore di un bene è tenuto alla garanzia “per evizione”, cioè risponde dei vizi del bene venduto, tali ad renderlo inidoneo all’uso o da diminuirne in modo sensibile il valore.

E’ possibile inserire nel contratto di compravendita una clausola con la quale le parti convengono l’esclusione di tale obbligo di garanzia, la cosiddetta clausola “visto e piaciuto”; la legge e la giurisprudenza della Cassazione hanno, tuttavia, escluso la validità di tali pattuizioni nei casi di vizi nascosti in mala fede dal venditore, come anche nei casi di vizi non immediatamente conoscibili dall’acquirente perché occulti, cioè non evidenti.

TERMINI

La garanzia per i vizi è soggetta ad un doppio termine per poter essere fatta valere: essa, infatti, opera purché l’acquirente denunci i vizi entro otto giorni dalla scoperta, salvo diversi termini stabiliti dalle parti, mentre la relativa azione giudiziaria si prescrive in un anno dalla consegna del bene.

Una volta denunciati i vizi nel termine di otto giorni l’acquirente può scegliere di chiedere la risoluzione del contratto (azione edilizia cosiddetta “redibitoria”) oppure chiedere la riduzione proporzionale del prezzo del bene; in entrambi i casi il venditore è tenuto comunque al risarcimento dei danni.

La facoltà di scelta rimessa al compratore viene ritenuta un diritto potestativo, non un diritto di credito, differenza che ha delle conseguenze quanto alle modalità con cui si può interrompere la prescrizione annuale dell’azione di garanzia.

GIURISPRUDENZA DIFFORME

Sull’argomento sono sorti diversi contrasti interpretativi  da parte della giurisprudenza, tanto che, con una recente ordinanza, la n. 2385 del 2 ottobre 2018, la II sezione della Corte ha rimesso la questione alle Sezioni Unite per risolvere i dubbi posti dalle norme del codice civile.

In particolare, ci si è posti la domanda relativa alla possibilità, per l’acquirente, di interrompere la prescrizione di un anno mediante atti diversi dall’azione giudiziale, quali atti di messa in mora o semplici denunzie di vizi inviate al venditore.

ATTI INTERRUTTIVI DELLA PRESCRIZIONE

Secondo un primo orientamento, espresso, tra l’altro, dalle medesime Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 13294/2005, qualsiasi atto con il quale il compratore denunci i vizi, anche senza specificare quale tipo di azione intende esercitare, è idoneo a interrompere la prescrizione annuale; allo stesso modo, l’impegno del venditore a rimuovere i vizi della cosa venduta, costituendo un riconoscimento di debito, è ritenuto altrettanto idoneo ai fini interruttivi.

In altre pronunce (tra tutte sent. n. 20332/2007) la Corte di Cassazione ha invece affermato che solo la domanda giudiziale, cioè l’atto di citazione in giudizio del venditore, sia idonea ad interrompere la prescrizione, proprio in ragione della natura potestativa della scelta, da parte del compratore, tra i due tipi di azioni edilizie, tenuto conto che solo per i diritti di credito la legge consente l’interruzione della prescrizione anche mediante atti stragiudiziali.

RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE

Nell’incertezza interpretativa, dunque, la sezione della Cassazione investita della decisione ha interpellato le Sezioni Unite, chiamate a decidere, previa qualificazione dell'istituto della garanzia per vizi nella compravendita (con esclusione, stante la loro peculiare disciplina, delle fattispecie di compravendita disciplinate dal codice del consumo), se siano configurabili idonei atti interruttivi della prescrizione di cui all'art. 1495 c.c., comma 3, ai sensi degli artt. 2943 e ss. c.c., diversi dalla proposizione dell'azione giudiziale, e se, ed in quale misura, detti atti interruttivi inibiscano il decorso della prescrizione in relazione alle azioni edilizie di cui all'art. 1492 c.c., comma 1.

Rimaniamo, pertanto, in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite che chiarirà tali dubbi, consentendo agli operatori del diritto, ed a tutti coloro che siano interessati all’argomento, di orientarsi nella materia. 

pubblicato il 30/11/2018

A cura di: Daniela D'Agostino

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