Cos'è l'interdizione e quando può essere disposta?

aula di tribunale

L'interdizione è una misura di protezione che viene disposta dal tribunale nei confronti di una persona che si trova in stato di abituale infermità di mente che la rende inabile a provvedere ai propri interessi. È pertanto una misura che tende a tutelare sia l'interdetto stesso che i terzi.

L'istituto è previsto dall'articolo 414 c.c. che non fornisce una definizione precisa limitandosi a sancire quali siano le persone che possono essere destinatarie del provvedimento interdittivo.

Un aspetto importante di questo istituto è costituito dal fatto che, ad oggi, con l'istituzione dell'amministrazione di sostegno risulti esser sempre più residuale anche in forza dei pesanti riflessi sulla vita quotidinana che lo caratterizzano rispetto a quest'ultimo.

Quali sono i presupposti per procedere con l'interdizione?

Come anticipato, trattandosi di un provvedimento che altera profondamente quelle che sono le comuni attività, i presupposti sono particolarmente eccezionali e consistono in:

  • esistenza di un'alterazione patologica della realtà psichica della persona tale da renderla totalmente incapace di provvedere ai propri interessi patrimoniali e non patrimoniali, si pensi ad esempio ad un ingiustificato rifiuto - per infermità psichica - a cure o interventi medici come pure alla svendita dei propri beni senza alcun motivo;
  • alterazioni patologiche che possono ricomprendere sia le facoltà intellettive intese come “stato di coscienza comune” che quelle volitive che affliggono invece la facoltà di “volere”.

Il procedimento può dunque assumere un doppio profilo, da un lato, come causa impeditiva all'acquisizione della capacità di agire (che avviene altrimenti in automatico al compimento del diciottesimo anno di età) mentre, dall'altro, come causa proprio estintiva della capacità d'agire ove il provvedimento di interdizione arrivi dopo il compimento della maggiore età.

Qual è la procedura e da chi può essere richiesta?

L'interdizione può essere richiesta dal:

  • pubblico ministero;
  • coniuge e persona stabilmente convivente;
  • parente entro il quarto grado, affini entro il secondo grado;
  • tutore o un curatore nonché dallo stesso interdetto.

Ognuno di questi soggetti deve presentare la domanda al tribunale del luogo di residenza del futuro interdetto.

Il Giudice tutelare, prima di disporre l'interdizione, deve convocare il soggetto e nominare un tutore, scegliendolo possibilmente nel ristretto ambito familiare, che ha il compito di amministrare i beni dell'interdetto e di compiere tutti gli atti necessari per la sua cura e il suo mantenimento.

Può capitare in casi particolari che il giudice tutelare possa disporre una perizia medica per accertare il grado di infermità mentale.

Quali sono gli atti che può compiere l'interdetto e il tutore?

Come anticipato, la sentenza di interdizione priva fondamentalmente una persona della capacità di agire e quindi della possibilità di compiere autonomamente attività che siano giuridicamente rilevanti. Le conseguenze sulla quotidianità possono essere cosi riassunte:

  • per tutti gli atti giuridici che devono essere compiuti nell'interesse del l'interdetto provvede il tutore che è anche suo legale rappresentante, l’art. 427, comma 1, c.c. prevede comunque un’eccezione alla regola generale statuendo che lo stesso provvedimento del giudice, previa istanza in questo senso, possa indicare taluni atti di ordinaria amministrazione idonei ad essere compiuti dall’interdetto senza l’assistenza del tutore;
  • per gli atti di straordinaria amministrazione o comunque per tutti gli atti che rivestono particolare importanza, ad esempio accettare un'eredità o ricevere una donazione, è sempre necessaria l'autorizzazione del tribunale;
  • gli atti 'personalissimi' come la redazione del testamento o il matrimonio non possono essere svolti né dal tutore né dall'interdetto.

Ogni atto compiuto in violazione dei principi sopra menzionati è annullabile anche nel caso in cui non vi sia alcun pregiudizio e addirittura nel caso in cui l'altra parte - in buona fede - ritenesse di avere a che fare con una persona capace di intendere e di volere.

pubblicato il 14/08/2023

A cura di: Luca Giovacchini

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