Le indagini del giudice prima della dichiarazione di fallimento

L’art. 6 della legge fallimentare, di cui al R.D. 16 marzo 1942 n. 267, prossimo ad essere sostituito dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza che entrerà in vigore a settembre 2021 (come previsto dal "decreto liquidità", che ne ha prorogato l'entrata in vigore), dispone che il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero.
Più frequente è l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento su ricorso di uno o più creditori, i quali, muniti di un titolo di credito nei confronti dell’impresa insolvente, possono presentare ricorso alla sezione fallimentare del Tribunale del luogo dove ha sede l’impresa.

Fase pre-fallimentare

Il Tribunale, ove ne ravvisi gli estremi, dichiarerà il fallimento dell’impresa debitrice, designando il Giudice Delegato alla procedura ed il curatore fallimentare; a questo punto i creditori insoddisfatti potranno insinuarsi al passivo del fallimento, per concorrere nel riparto delle somme.
La fase dell’accertamento dei presupposti per il fallimento è detta “pre-fallimentare”, in quanto il Giudice delegato deve svolgere un accertamento sommario relativo sia alla legittimazione del creditore procedente a chiedere il fallimento del debitore, sia ai requisiti di cui all’art. 1 e 15 ultimo comma legge fallimentare (a tal proposito si rinvia all’articolo dedicato ai requisiti e soglie di fallibilità).

La Corte di Cassazione sull’argomento

Sul punto relativo all’accertamento della legittimazione del creditore istante si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23494 del 27 ottobre 2020, occupandosi di un caso in cui, sia in primo che secondo grado, era stata rigettata l’opposizione dell’impresa debitrice alla dichiarazione del proprio fallimento, sul presupposto che il creditore procedente (una banca) aveva giustificato il proprio credito sulla base di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
In sostanza, il Tribunale e la Corte d’Appello avevano ritenuto legittima la dichiarazione di fallimento dell’impresa parte in causa, in quanto il credito della banca che aveva fatto istanza di fallimento era stato precedentemente riconosciuto in un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.

Accertamento dei crediti

Secondo la Corte di Cassazione, la conclusione cui erano giunti i giudici di merito era errata, poiché non teneva conto di alcuni principi già espressi in passato dalla giurisprudenza di legittimità; in particolare, afferma la Suprema Corte, l’art. 6 legge fallimentare, laddove stabilisce che il fallimento sia dichiarato su istanza di uno o più creditori, non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l’esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale del giudice, all’esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell’istante (Cass. S.U. 1521/2013; Cass. 30827/2018).
In ambito concorsuale, laddove l’istante rivendichi la sua qualità di creditore, già riconosciuta in una diversa sede processuale attraverso un provvedimento non definitivo (quale il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo), la dichiarazione di fallimento presuppone comunque un’autonoma valutazione del giudice del fallimento, circa la sussistenza del credito dedotto a sostegno dell’istanza.
In questo caso il giudice fallimentare potrebbe anche condividere, in modo motivato, le valutazioni del giudice che ha emesso il titolo giudiziale (decreto ingiuntivo, nel caso di specie), ma dovrà comunque svolgere un autonomo accertamento, seppure caratterizzato dalla sommarietà della fase pre-fallimentare.

Prove fornite dalle parti

A questo scopo egli dovrà prendere in considerazione non solo gli elementi di prova allegati dal creditore istante, ma anche quelli prodotti dall’impresa debitrice, che, in questa fase, può costituirsi in giudizio e chiedere il rigetto dell’istanza di fallimento.
Da cui la conclusione, contenuta nella massima espressa dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza richiamata, secondo cui “la dichiarazione di fallimento presuppone un'autonoma deliberazione incidentale, da parte del tribunale fallimentare, compatibilmente con il carattere sommario del rito, circa la sussistenza del credito dedotto a sostegno dell'istanza, quale necessario postulato della verifica della legittimazione del creditore a chiedere il fallimento. In tale ambito il giudice deve valutare non solo le allegazioni e le produzioni della parte istante ma anche i fatti rappresentati dal debitore che valgano a dimostrare l'insussistenza dell'obbligazione addotta o la sua intervenuta estinzione”.

pubblicato il 16/12/2020

A cura di: Daniela D'Agostino

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