Il risarcimento dei danni derivante dalla perdita del convivente

due anelli d'oro e un mazzetto di lavanda su un tavolo

Quali diritti per le coppie di fatto?

Ad oggi in Italia, malgrado il fenomeno delle coppie di fatto continui ad aumentare di anno in anno, la materia risulta disciplinata solo in via incidentale dalla legge Cirinnà n. 76 del 2016.

Per indicare la convivenza tra due persone non sposate che hanno una relazione è utilizzato giuridicamente il termine latino more uxorio, definito dalla stessa legge come “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.

Alle coppie di fatto, a differenza delle coppie sposate, è infatti unicamente riconosciuto il diritto di:

  • assistere il proprio partner nel caso in cui venga ricoverato e di ricevere informazioni in merito al suo stato di salute. Il convivente potrà essere nominato con preferenza come amministratore di sostegno, curatore o tutore nei casi in cui perda la capacità d'agire
  • subentrare nel contratto di locazione alla morte dell’intestatario;
  • inserirsi nelle graduatorie con le quali vengono assegnate le case popolari;
  • ricevere gli alimenti qualora la convivenza dovesse terminare e non si fosse economicamente autosufficienti;
  • visitare il partner nel caso in cui si trovasse in stato di detenzione e procedere con lo scambio di telefonate e lettere;
  • abitare nella casa familiare nel caso di morte del partner per un periodo compreso tra i 2 e i 5 anni.

Come si dimostra la convivenza di fatto col partner?

Per provare la convivenza more uxorio il più importante indizio a disposizione è la produzione dello stato di famiglia dal quale emerge la residenza sotto il medesimo tetto. A tale primario criterio potranno poi essere affiancati altri elementi sintomatici quali ad esempio la cointestazione di contratti di locazione, fatture per le utenze, testimonianze, conti correnti comuni e quant'altro.

Tali elementi, valutati nel loro complesso, sono fondamentali ai fini della richiesta dell'eventuale danno da perdita del partner convivente.

In caso di morte del partner di fatto è possibile ottenere un risarcimento?

La Suprema Corte, con la recente ordinanza 8801 del 28 marzo 2023, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno per il decesso dovuto a fatto illecito anche al convivente more uxorio a patto però che la relazione sia caratterizzata da tendenziale stabilità e da mutua assistenza morale e materiale. Il risarcimento del danno dovrà comprendere sia quello non patrimoniale che patrimoniale, che, a sua volta, presuppone l’esistenza di uno stabile contributo economico apportato, in vita, dal defunto al danneggiato.

La Corte d’appello aveva erroneamente ritenuto che la scelta di abitare insieme, per quanto compatibile con la volontà di contribuire economicamente alle spese del quotidiano, non bastasse a rivelare la stabilità nel tempo dell’unione, né l’intenzione del defunto di mettere in comune le proprie risorse economiche pro futuro, quale apporto continuativo al nuovo nucleo familiare.

Tale ragionamento è stato però censurato dalla Suprema Corte la quale, per la corretta valutazione del materiale probatorio offerto a dimostrazione della convivenza, ha invece optato per un apprezzamento complessivo degli indizi, non per singola fattispecie. In questo modo è infatti possibile vagliare i requisiti di gravità, precisione e concordanza degli indizi in uno sguardo d’insieme e l’uno per mezzo degli altri, nel senso che ognuno, quand’anche singolarmente sfornito di valenza indiziaria, potrebbe rafforzare l’altro in un rapporto di reciproco completamento.

pubblicato il 17/05/2023

A cura di: Luca Giovacchini

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