Possibile la riparazione del mezzo anche quando supera il valore dell'auto?

tamponamento tra due auto

I principi generali del risarcimento derivante da sinistro stradale

Il diritto al risarcimento danni in seguito ad un incidente stradale sorge in forza dell'art. 2043 c.c. per il quale “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Nell’ambito della circolazione stradale, l'articolo di riferimento è invece il 2054 c.c. per cui il conducente di un veicolo è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone e a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

In assenza di sufficienti elementi per addebitare la colpa, questa è sempre presunta al 50%.

Altro principio fondamentale è quello della responsabilità solidale del proprietario e del conducente dell’auto i quali potranno essere entrambi destinatari della richiesta danni nella loro interezza. La responsabilità è sempre solidale a meno che il proprietario non provi che la circolazione sia avvenuta contro la sua volontà (es. furto del veicolo).

Cosa succede se il costo delle riparazioni supera il valore del mezzo?

Il danno nel sinistro stradale viene quantificato in relazione alla tipologia di danneggiamento subita dalle persone coinvolte nell'incidente come pure ai danni materiali alle vetture coinvolte.

Per quanto concerne i danni alle persone, vengono considerati:

  • danni fisici;
  • costi medici per le cure ospedaliere e le terapie a titolo di rimborso spese;
  • compenso per le perdite di reddito e possibili disabilità temporanee e/o permanenti.

Riguardo ai danni alle vetture come auto, moto e camion, invece, il danno deve essere risarcito in forma specifica cercando per quanto possibile la riparazione (sempre ponendone i costo a carico del danneggiante). Ove questa risulti eccessivamente onerosa è necessario tuttavia procedere al risarcimento per equivalente (pagamento di una somma pari alla perdita di valore del bene), ai sensi dell’articolo 2058 C.C.. In sostanza sembrerebbe che il risarcimento non possa mai oltrepassare il valore di mercato del bene leso, a nulla rilevando eventuale valore affettivo (c.d. “pregiudizio d'affezione”) facendo leva sul principio dell'eccessiva onerosità. In caso contrario si graverebbe il danneggiante di un peso sproporzionato oltre ad arricchire in modo ingiustificato il danneggiato.

L'ordinanza n. 10686/2023 della Corte di Cassazione

Il principio dell'onerosità eccessiva parrebbe esser mitigato da una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, l'ordinanza n. 10686/2023; nel caso di specie il danneggiato ha promosso un’azione risarcitoria per il ristoro dei danni al veicolo, ottenendo il pagamento del costo della riparazione, anche se superiore (di oltre il doppio) al valore commerciale del mezzo.

Il giudice di legittimità, censurando la decisione a cui era giunta la Corte d'Appello, ha chiarito che l’eccessiva onerosità ricorrerebbe solo qualora “il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo”.

La particolarità consiste nel fatto che l’avverbio “notevolmente” introduce un elemento di discrezionalità valutativa che amplia il concetto di antieconomicità della riparazione: non basta semplicemente dire che una riparazione risulti appunto antieconomica per giustificare un risarcimento per equivalente, ma occorre una sproporzione che apporti un effettivo aumento di valore del veicolo al fine di escluderlo.

La scelta che ha orientato la Suprema Corte a favorire nel senso di cui sopra la riparazione alla sostituzione è inoltre supportata da altre ragioni che il danneggiato potrebbe addurre per voler ripristinare il veicolo, come ad esempio perché anziano e più agevole guidare un mezzo a cui è abituato ovvero non comporta né i tempi di ricerca di un veicolo equipollente né vengono sopportati ulteriori oneri come la tassa di trasferimento di proprietà.

pubblicato il 18/05/2023

A cura di: Luca Giovacchini

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