Ristrutturazione dei debiti e istanza di fallimento da parte del creditore

L' “accordo di ristrutturazione dei debiti” è una misura introdotta dalla legge n. 3 del 27 gennaio 2012 allo scopo di consentire, all’imprenditore che abbia accumulato debiti, di accordarsi con i creditori, sotto la supervisione del Tribunale competente territorialmente e con l’ausilio di un professionista nominato dal giudice.

La finalità principale è quella di evitare che l’impresa indebitata vada incontro al fallimento, con ogni conseguenza negativa sia per l’imprenditore che per i creditori insoddisfatti.

LEGGE 3/2012

Ricordiamo che la normativa sull’accordo di ristrutturazione dei debiti, così come la normativa sull’altra misura prevista dalla stessa legge n.3/2012 per i soggetti non fallibili, cioè il “piano del consumatore”, sono rientrate nella recente riforma della legge fallimentare, confluita nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa, di cui al D.lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019, che ha lasciato sostanzialmente invariati tali istituti. 

La procedura dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, comporta che il debitore possa essere ammesso a pagare i propri debiti anche in misura non integrale, a determinate condizioni e purché rispetti gli impegni assunti con la proposta di accordo; analogamente avviene per il piano del consumatore, con la differenza che in questo caso non è necessario l'accordo con i creditori, ma il piano può essere omologato, cioè reso efficace nei confronti dei creditori, sulla sola base della valutazione del tribunale.

PROCEDIMENTO

Se l’imprenditore intende ricorrere a tale misura di composizione della crisi egli deve innanzitutto depositare la cosiddetta “proposta” di accordo in Tribunale, presso la sezione fallimentare, corredandola dei documenti contabili e fiscali previsti dalla legge e allegando alla proposta medesima una relazione sulla fattibilità del piano di rientro, redatta da un esperto.

Se il giudice ritiene valida la proposta la omologa, fissando, con decreto, un’udienza nella quale dovranno essere convocati anche i creditori, i quali, prima della data fissata, potranno presentare osservazioni in merito alla proposta.

Con il decreto il giudice dispone anche la sospensione dei pignoramenti in corso sui beni dell’imprenditore e il divieto di iniziarne di nuovi, circostanza, questa, che per il piano del consumatore è invece rimessa alla valutazione del giudice, dunque è solo eventuale.

Dopo l’omologazione del piano, sentiti i creditori, l’imprenditore, coadiuvato da un liquidatore, potrà iniziare a pagare i creditori, in base agli importi ed alle scadenze prefissate nell’accordo, il cui mancato rispetto comporta la revoca della misura di composizione e la sottoponibilità dell’imprenditore a fallimento, termine sostituito con l’espressione “liquidazione giudiziale” nel nuovo CCI.

FALLIMENTO CHIESTO DAL CREDITORE

A tal proposito segnaliamo una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 13850 del 22 maggio 2019, nella quale è stata chiarita la posizione del creditore che non abbia accettato l’accordo proposto dall’imprenditore, benchè omologato.

Osserva la Corte, che la presentazione della domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti non implica la sospensione della procedura prefallimentare, non potendo a ciò condurre un’interpretazione estensiva della L. Fall., art. 182 bis, comma 6, laddove vieta l’inizio o la prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari in presenza dell’istanza di sospensione proposta dal debitore.

Da un lato, infatti, il procedimento prefallimentare non ha natura esecutiva e cautelare, ma natura cognitiva piena e, dall’altro, la menzionata interpretazione non sarebbe coerente con il sistema, che non consente la sospensione ex art. 295 c.p.c. della procedura prefallimentare a seguito della presentazione di una domanda di concordato preventivo.

CONCLUSIONI

Sulla base di tali argomentazioni la Suprema Corte, pertanto, afferma che “ deve ritenersi che nulla osti alla procedibilità di una domanda di fallimento presentata, dopo l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, da un creditore che ad esso sia rimasto estraneo; diversamente opinando, si finirebbe infatti per privare quest’ultimo - che a quell’accordo ha legittimamente scelto di non aderire - di una fondamentale forma di tutela del proprio credito, da coordinare con gli interessi degli altri creditori aderenti all’accordo, in funzione della garanzia patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c. e del correlato principio della par conditio creditorum di cui all’art. 2741 c.c.”.

pubblicato il 01/07/2019

A cura di: Daniela D'Agostino

Come valuti questa notizia?
Valutazione: 0/5
(basata su 0 voti)