Revoca dei benefici prima casa

Con sentenza n. 13145 del 24/06/2016 la Corte di Cassazione, sezione tributaria, ha affermato il principio secondo cui    in materia di benefici  “ prima casa” è legittimo l’accertamento - al fine della revoca dell’agevolazione nella ricorrenza dei requisiti relativi ad abitazione di lusso - realizzato mediante accesso all’abitazione di privati, ai sensi dell’art. 53 bis del d.P.R. n. 131 del 1986, dovendosi ritenere la chiara intenzione del legislatore di estendere tale potere di accesso anche nei confronti di chi non è imprenditore o soggetto IVA.

D.P.R. 26 APRILE 1986 N. 131

La decisione è interessante in quanto, come la stessa Corte osserva, è la prima volta che si occupa dell’argomento in evidenza, dunque anche la pronuncia costituisce una novità assoluta in materia.
Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte ha visto contrapporsi gli interessi della parte ricorrente- costituita da fratelli che aveva ereditato un’abitazione di estesa metratura, oltre 240 mq – e della parte intimata Agenzia delle Entrate, la quale aveva disposto un accesso presso l’immobile, a seguito del quale aveva accertato trattarsi di “abitazione di lusso” e revocato i benefici per la prima casa previsti dall’art. 1, parte prima, nota II bis, tariffa allegata al d.p.r. 26 aprile 1986 n.131. 

VIOLAZIONE DELL'ART. 53 BIS

L’accertamento, in particolare, era stato disposto in osservanza dell’art 53 bis del suddetto decreto, previa autorizzazione della competente Procura della Repubblica, che aveva rilevato l’esistenza di gravi indizi di violazione della norma fiscali da parte dei contribuenti proprietari dell’immobile.
Questi, a loro volta, avevano impugnato la decisione della Commissione Tributaria Provinciale e la successiva sentenza della Commissione Tributaria Regionale competenti per territorio, le quali avevano confermato la legittimità della revoca del beneficio, notificata ai ricorrenti con avviso di liquidazione dell’Agenzia delle Entrate.

TESI DEI RICORRENTI E DELLA CASSAZIONE

Secondo i ricorrenti l’accesso compiuto dall’ufficiale incaricato dell’Agenzia delle Entrate era illegittimo, in quanto l’art. 53 bis richiamato riguarderebbe soltanto le imprese ed i soggetti titolari di partita iva e non sarebbe, al contrario, consentito per le abitazioni dei privati.
La Corte di Cassazione adita, nel ritenere infondati tutti i motivi di ricorso, ha dato rilievo all’intenzione del legislatore di estendere i poteri d’accesso anche a chi non è imprenditore o professionista soggetto IVA.
A tal riguardo, secondo la Corte, la disposizione compatibile con tale interpretazione è quella dell’art. 52 comma 2 d.p.r . citato, che permette di effettuare accessi anche in private abitazioni,  previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, soltanto in caso di gravi indizi di violazioni fiscali; ciò che si era verificato nella fattispecie concreta.

CONCETTO DI SUPERFICIE UTILE COMPLESSIVA

La Corte, inoltre, ha modo di precisare che per individuare la “superficie utile complessiva” in base alla quale deve stabilirsi se un’abitazione sia o no di lusso, ai sensi del d.m. 2 agosto 1969 è rilevante unicamente il concetto della “utilizzabilità” dei suoi spazi, non quello dell’ “abitabilità”.  
Nel caso dei ricorrenti la Commissione Tributaria Regionale aveva stabilito che l’abitazione doveva ritenersi di lusso ai sensi dell’art. 6 del detto d.m. del 1969, per avere la stessa una superficie ben superiore al limite di mq. 240, in quanto alcuni spazi che i contribuenti avevano indicato quali cantine e soffitte erano in realtà stati trasformati ed adibiti ad uso abitativo “quali taverne, cameretta, studio, lavanderia, due bagni, mansarda”, come l’Ufficio aveva potuto constatare.
Alla luce di tali osservazioni la Cassazione ha confermato la revoca del beneficio prima casa di cui godevano i ricorrenti, affermando i principi suesposti che costituiranno un importante precedente in materia tributaria. 

pubblicato il 27/08/2016

A cura di: Daniela D'Agostino

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