Evita il fallimento la desistenza del creditore

 L’art. 6 della legge fallimentare, contenuta nel R.D. 16 marzo 1942 n. 267 e successivamente riformata, dispone che il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero.

INIZIATIVA DELL’IMPRENDITORE

La prima ipotesi è la meno frequente, in quanto difficilmente l’imprenditore – in forma individuale o societaria – ha interesse a vedersi dichiarare fallito, anche se lo stato d’insolvenza sembra ormai irreparabile; egli, piuttosto, cercherà di porre rimedio all’esposizione debitoria ponendo la società o la ditta in liquidazione, cercando accordi con i creditori o aderendo alle diverse procedure concorsuali quali il concordato preventivo, l’amministrazione controllata o tentando di ripianare la propria situazione proponendo un piano di composizione della crisi.

La dichiarazione di fallimento, infatti, ha effetti rilevanti sull’affidabilità dell’impresa, rendendo più difficoltoso l’accesso al credito e precludendo la partecipazione a bandi e gare; dal punto di vista della gestione della crisi, inoltre, l’imprenditore nella procedura fallimentare ne è totalmente estromesso, poiché l’organo che amministra e rappresenta il patrimonio diventa il curatore fallimentare. 

INIZIATIVA DEL PUBBLICO MINISTERO

Altra ipotesi è quella dell’iniziativa del pubblico ministero, il quale, ai sensi dell’art. 7 l.f., presenta al Tribunale competente richiesta per la dichiarazione di fallimento in 2 casi:

a) quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali d’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore;

b) quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.  

INIZIATIVA DEI CREDITORI

Di sicuro più frequente è l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento su ricorso di uno o più creditori, i quali, muniti di un titolo nei confronti dell’impresa insolvente, possono presentare ricorso alla sezione fallimentare del Tribunale del luogo dove ha sede l’impresa.

Il Tribunale, ove ne ravvisi gli estremi (a tal proposito si rinvia all’articolo dedicato ai requisiti e soglie di fallibilità), dichiarerà il fallimento dell’impresa debitrice, designando il Giudice Delegato alla procedura ed il curatore fallimentare; a questo punto i creditori insoddisfatti potranno insinuarsi al passivo del fallimento, nella speranza di concorrere alla distribuzione dell’attivo dell’impresa.

DESISTENZA DEL CREDITORE RICORRENTE

Una volta depositato, da parte del creditore (o di più creditori) il ricorso in Tribunale per la dichiarazione di fallimento, una strada percorribile dall’imprenditore per evitare la procedura concorsuale è quella di cercare un accordo con il creditore, attraverso una transazione che definisca un piano di rientro.

Così facendo, il creditore potrà essere messo nella condizione di depositare al medesimo giudice fallimentare un atto di desistenza, con il quale egli rinuncia alla richiesta di fallimento.
Perché, tuttavia, la desistenza possa produrre gli effetti dell’estinzione della procedura concorsuale è necessario che venga presentata nella fase pre-fallimentare, cioè prima della sentenza dichiarativa di fallimento.

Va detto, a tal proposito, che prima di giungere alla sentenza di fallimento ed alla conseguente apertura della procedura concorsuale, con la nomina del curatore fallimentare e la verifica dei crediti da ammettere al passivo, vi è una fase precedente, nella quale il giudice verifica se vi sono i presupposti di legge per procedere, in particolare se il debito nei confronti del creditore ricorrente ammonta a più di € 30.000; in caso contrario, il Giudice rigetta il ricorso presentato dal creditore.

E’ proprio in questa fase che l’eventuale desistenza del creditore può bloccare l’iter concorsuale, evitando così di giungere alla pronuncia dichiarativa del fallimento, a seguito della quale è proponibile, da parte del debitore, solo reclamo alla sentenza, per opporre l’insussistenza dei requisiti valutati dal Tribunale.

pubblicato il 30/09/2017

A cura di: Daniela D'Agostino

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