Il principio di solidarietà condominiale

Tra le norme in materia di condominio riveste particolare importanza l’art. 1102 c.c, che disciplina l’uso delle parti comuni di un edificio, secondo la regola generale del “ neminem  laedere”, cioè dell’esercizio dei propri diritti nel rispetto dei diritti altrui.

La norma richiamata, infatti, dispone che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto; è previsto, inoltre, che ciascun partecipante alla comunione può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa, nel rispetto dei limiti imposti dalla legge e dal regolamento condominiale.

MODIFICHE E INNOVAZIONI

Diverso è il caso delle innovazioni sulle parti comuni, disciplinato all’art. 1120 c.c., che prevede che i condomini, a maggioranza, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggiore rendimento delle cose comuni.

La differenza tra “modificazione” e “innovazione” sta nel fatto che quest’ultima comporta una radicale trasformazione del bene o della parte di esso su cui si interviene; per questo occorre una delibera condominiale adottata con un numero di voti che rappresenti almeno la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio.

ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE

Tra le modifiche agli spazi comuni consentite dalla legge vi sono le opere realizzate per eliminare le barriere architettoniche che impediscono ai condomini con disabilità di usufruirne in modo agevole.

Un esempio è dato dall’installazione di ascensore in area condominiale a beneficio esclusivo di un condomino disabile, caso oggetto di esame da parte della Corte di Cassazione, con  la sentenza n.  9101/2018, avente per oggetto il ricorso presentato da un condomino nei confronti di altro comproprietario con difficoltà deambulatorie, il quale aveva fatto costruire un ascensore in appoggio ad un muro perimetrale dell’edificio.

Secondo il ricorrente tale manufatto costituiva una turbativa nel possesso del proprio immobile, situato sul piano che dava accesso alla porta dell’ascensore e, inoltre, ledeva il decoro architettonico del palazzo, di importanza storica.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, in primo luogo richiama la normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, di cui alla legge n. 13 del 1989, affermando che essa costituisce espressione di un principio di solidarietà sociale e persegue finalità di carattere pubblicistico, volte a favorire, nell'interesse generale, l'accessibilità agli edifici.

SOLIDARIETA’ CONDOMINIALE

Da tale principio la Cassazione fa derivare l’analogo principio di solidarietà condominiale, che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche.

Con l’ulteriore precisazione che si tratta di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte dei disabili facenti parte del condominio, degli edifici interessati e che conferisce comunque legittimità all'intervento innovativo, purché lo stesso sia idoneo, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell'abitazione.

ONERE DELLA PROVA

L’unica limitazione all’installazione dell’opera è data dal rispetto dei diritti altrui all’uso dei beni comuni, che non possono essere compromessi o fortemente limitati; grava su chi ritiene di aver subito tale violazione l’onere di dimostrarne la portata.

Prova che, nel caso specifico, il ricorrente non aveva fornito, non avendo dimostrato in cosa consistesse la turbativa nel possesso e la compromissione del proprio diritto all’utilizzo degli spazi comuni.

pubblicato il 30/06/2018

A cura di: Daniela D'Agostino

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