Il contratto di cointeressenza agli utili

Nella prassi commerciale è frequente il ricorso a forme di finanziamento d’impresa diverse dalle tradizionali, che consentono all’imprenditore di raccogliere capitali senza ricorrere al prestito bancario o all’aumento di capitale sociale.

Una di queste forme è data dall’associazione in partecipazione, disciplinata agli articoli 2549 e seguenti del codice civile; si tratta di un contratto con cui l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.

ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE

In pratica il soggetto che partecipa all’impresa o al singolo affare commerciale conferisce una somma a titolo di finanziamento, a fronte di una partecipazione agli utili ricavati dall’impresa associante con la conclusione dell’affare. 

A differenza del rapporto societario, come ha rilevato la giurisprudenza, l’associazione in partecipazione non prevede un patrimonio comune (Cass. sentenza n. 5353/1987) né attribuisce la titolarità dell’impresa all’associato, restando questa, come la responsabilità verso terzi, esclusivamente in capo all’imprenditore (Cass. sentenza n. 6610/1991).

Per quanto riguarda le perdite, normalmente l’associato vi partecipa in misura pari a quella stabilita per gli utili; è possibile, tuttavia, pattuire una misura diversa, purchè la partecipazione alle perdite non superi comunque l’ammontare del conferimento iniziale.

La legge consente alle parti contrattuali anche di escludere totalmente la partecipazione alle perdite da parte dell’associato, purchè ciò venga specificato nel contratto.

COINTERESSENZA IMPROPRIA E PROPRIA

In questa ipotesi si parla di “cointeressenza agli utili” di impresa o di un singolo affare, fattispecie caratterizzata dagli elementi tipici del contratto di associazione in partecipazione, con la particolarità che è esclusa totalmente la partecipazione alle perdite.

Secondo la dottrina tale fattispecie, definita cointeressenza “impropria” si distingue a sua volta dalla cointeressenza “propria”, caratterizzata dalla partecipazione del soggetto associato sia agli utili che alle perdite ma senza il corrispettivo di un determinato apporto; ciò significa, in quest’ultimo caso, che se l’affare dovesse andare in perdita all’associato verrà chiesto un esborso economico. 

La funzione tipica della cointeressenza impropria è quella del finanziamento, venendo esclusa l’alea contrattuale, cioè il rischio d’impresa legato alle possibili perdite.

OBBLIGHI DELLE PARTI

Circa le clausole contrattuali, tanto nell’associazione in partecipazione quanto nella cointeressenza possono essere previste ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento di una o entrambe le parti, l’obbligo di rendicontazione periodica da parte dell’impresa associante, la gestione dell’affare interamente a carico della stessa.

Il fallimento dell’associante determina automaticamente lo scioglimento del contratto di associazione in partecipazione, come del contratto di cointeressenza, con la conseguente possibilità per il soggetto associato o cointeressato di insinuarsi al passivo per il suo credito, che comprenderà le somme versate e gli utili non conseguiti, al netto dei costi e delle perdite cui eventualmente era tenuto a partecipare.

pubblicato il 09/12/2018

A cura di: Daniela D'Agostino

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