Abusiva concessione di credito: la responsabilità delle banche

una mano porge banconote a un’altra mano che li prende attraverso lo sportello di una banca

Ci occupiamo oggi di un caso esaminato di recente dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.24725/2021, relativo alla fattispecie di concessione abusiva di credito, da parte di una banca, ad impresa successivamente fallita.

Azione del curatore fallimentare

Il ricorso, in particolare, nel caso specifico, era stato presentato dal curatore fallimentare che aveva agito, in primo grado, nei confronti della banca, chiedendo, nell’interesse dei creditori ammessi al passivo, il risarcimento dei danni derivanti dalla concessione del credito all’impresa, in un momento in cui presentava già evidenti segnali di dissesto finanziario.

Con l’ordinanza richiamata la Cassazione distingue, pertanto, le ipotesi in cui è legittima la concessione di credito a imprese in difficoltà economica da quelle vietate dalla legge, considerando le norme ed i principi in materia.

Abusivo ricorso al credito

Innanzitutto la fattispecie della condotta di abusivo ricorso al credito è prevista dall'art. 218 I. fall., il quale sanziona gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un'attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, dissimulando il dissesto o lo stato d'insolvenza. La stessa disposizione è contenuta nell'art. 325 d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza.

Concessione abusiva di credito

Dalla parte del soggetto che eroga il credito si parla di “concessione abusiva del credito” con riferimento al comportamento del finanziatore che conceda, o continui a concedere, incautamente credito in favore dell'imprenditore che versi in istato d'insolvenza o comunque di crisi conclamata.

Il finanziatore, per non incorrere in tale violazione, deve rispettare in primo luogo i principi di sana e corretta gestione finanziaria, conformemente agli obblighi di correttezza e buona fede contrattuale previsti dall’art. 1176 del codice civile, nonché alla normativa contenuta nel Testo Unico Bancario e in fonti legislative comunitarie.

Tra queste ultime citiamo gli accordi di Basilea ed il Regolamento UE n. 575/2013, che all’art. 142 fa riferimento al “sistema di rating”, cioè all’insieme di metodi ed operazioni di raccolta dati e sistemi informativi, che fungono da supporto alla valutazione del rischio di credito, all’attribuzione di pool rating e alla stima del default e delle perdite in relazione alle singole esposizioni.

Dal sistema normativo, pertanto, emerge l’obbligo per le banche di valutare con prudenza l’erogazione di credito alle imprese in difficoltà economica.

Finanziamento legittimo

D’altra parte vi è un diverso complesso di norme e principi, anch’essi nazionali e comunitari, che sollecitano gli istituti di credito ad andare incontro alle imprese in difficoltà, proprio per consentire la loro ripresa nel mercato, purché vi siano adeguate garanzie di solvibilità.

Tra queste norme si segnalano, ad esempio, gli artt. 99 e 101 del Codice della crisi d’impresa, relativi alla prededucibilità dei finanziamenti concessi alle imprese in concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Il problema centrale, pertanto, riguarda la valutazione della legittimità del finanziamento alle imprese in difficoltà economiche, che, secondo la Cassazione, spesso si risolve nella fattibilità del piano aziendale di risanamento dell’esposizione debitoria.

Il principio affermato dalla Cassazione

Concludendo, con riferimento all’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare nei confronti della banca, il principio affermato dalla Suprema Corte è che egli è legittimato ad agire contro l’istituto finanziatore per la concessione abusiva del credito, qualificabile quando l’istituto bancario eroghi credito con dolo o colpa a impresa in stato di difficoltà economico-finanziaria e in mancanza di concrete prospettive di superamento della crisi, integrandosi così un illecito del soggetto finanziatore per essere venuto meno ai suoi doveri primari, e obbligando il medesimo al risarcimento del danno, ove ne discenda l’aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività d’impresa.

Diversamente, non integra abusiva concessione di credito la condotta della banca che abbia erogato credito, pur al di fuori di una formale procedura di risoluzione della crisi, ad un’impresa suscettibile secondo una concreta valutazione ex ante di superare lo stato di crisi o di permanere sul mercato.

pubblicato il 30/10/2021

A cura di: Daniela D'Agostino

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