Risarcimento del danno ai parenti della vittima di sinistro stradale

codice e martelletto

Si parla di responsabilità extracontrattuale con riferimento ai casi in cui qualunque soggetto commetta un illecito civile, al di fuori di un rapporto contrattuale con il danneggiato, nei cui confronti è tenuto al risarcimento dei danni, in base al disposto dell’art. 2043 c.c.

Il risarcimento riguarda tanto il danno patrimoniale, cioè la perdita economica conseguente all’evento lesivo, quanto il danno non patrimoniale; in quest’ultima voce rientra il danno biologico, cioè la lesione psicofisica subita dal soggetto, e il danno morale, inteso come l’intima sofferenza patita a causa del fatto dannoso.

Voci di danno non patrimoniale

Su di un piano generale, il nostro ordinamento conosce e disciplina soltanto la fattispecie del danno patrimoniale - nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante previste dall’art. 1223 c.c. - e quella del danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c.

La dottrina e la giurisprudenza hanno, tuttavia, elaborato altre categorie di danno non patrimoniale, come, ad esempio, il danno esistenziale, cioè le conseguenze negative che il sinistro ha provocato alla sfera relazionale del danneggiato, pur con la precisazione che “il danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c., identificandosi con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, costituisce categoria unitaria non suscettiva di suddivisione in sottocategorie” e che “il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno” (Cass. Sezioni Unite sentenze n. 26972/2008 e n. 26976/2008).

Danno parentale

Il risarcimento dei danni, sia di tipo patrimoniale che di tipo non patrimoniale, può essere richiesto anche dagli eredi della vittima (di un sinistro stradale, di un intervento o diagnosi medica errati, etc.), sia a titolo ereditario, cioè in quanto si eredita il diritto al risarcimento del defunto (danno “iure hereditatis”) sia a titolo personale, perché l’evento lesivo ha cagionato un danno direttamente nella sfera del congiunto (danno “iure proprio”).

In entrambi i casi gli eredi devono fornire in giudizio la prova del danno subito, nonché dimostrare il legame affettivo con la vittima; su quest’ultimo punto e, in generale, sui requisiti che legittimano la domanda risarcitoria dei parenti si è di recente espressa la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8218/2021, nella quale è stato affrontato l’argomento della “convivenza” tra parenti e vittima, quale condizione per il risarcimento.

Il requisito della convivenza

La Corte ha rilevato che, se da un lato, occorre certamente evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari, dall'altro non può tuttavia condividersi l'assunto che il dato esterno e oggettivo della convivenza possa costituire elemento idoneo di discrimine e giustificare dunque l'aprioristica esclusione, nel caso di non sussistenza della convivenza, della possibilità di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto.

La convivenza, piuttosto, escluso che possa assurgere a connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità dei rapporti parentali, ovvero a presupposto dell'esistenza del diritto in parola, costituisce elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l'ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare anche il quantum debeatur.

Qualità del rapporto affettivo

Sulla scia di tale orientamento va menzionato anche il precedente di Cass. 11/11/2019, n. 28989, il quale ricomprende il legame parentale tra zio e nipote, di per sé e indipendentemente dalla effettiva convivenza (dato rilevante solo quale eventuale concorrente elemento presuntivo), tra le circostanze che possono giustificare «meccanismi presuntivi» utilizzabili «al fine di apprezzare la gravità o l'entità effettiva del danno», attraverso «il dato della maggiore o minore prossimità formale del legame parentale (coniuge, convivente, figlio, genitore, sorella, fratello, nipote, ascendente, zio, cugino) secondo una progressione che, se da un lato, trova un limite ragionevole (sul piano presuntivo e salva la prova contraria) nell'ambito delle tradizionali figure parentali nominate, dall'altro non può che rimanere aperta alla libera dimostrazione della qualità di rapporti e legami parentali che si qualifichino (ove rigorosamente dimostrati) per la loro consistente e apprezzabile dimensione affettiva e/o esistenziale».

pubblicato il 20/11/2021

A cura di: Daniela D'Agostino

Come valuti questa notizia?
Valutazione: 0/5
(basata su 0 voti)