Divieto del patto commissorio e contratto di lease-back

Al fine di garantire equilibrio tra le parti di un rapporto contrattuale, rispetto delle reciproche obbligazioni e che la parte più forte non approfitti della situazione di svantaggio dell’altra, il nostro ordinamento prevede divieti e nullità di operazioni fraudolente o anche semplicemente dannose per il soggetto che le subisce. 

ART. 2744 C.C.

Tra questi importanti divieti vi è quello del “patto commissorio”, disciplinato all’art. 2744 del codice civile, che sancisce la nullità del patto con il quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore.

La norma, pur se riferita alle ipotesi di bene ipotecato o dato in pegno, si estende anche ad altri casi di alienazioni “in garanzia”, cioè vendite o cessioni nelle quali vengano inserite clausole che prevedono la riconsegna del bene venduto al venditore o cedente nel caso di inadempimento dell’acquirente nel pagamento del prezzo nel termine concordato.

La finalità è quella di impedire che il creditore introduca, nella contrattazione, una garanzia  atipica – cioè non prevista dalla legge – e abnorme rispetto agli interessi contrapposti, in quanto potrebbe venire a crearsi notevole sproporzione tra il credito residuo del debitore ed il valore del bene di cui, illegittimamente, il venditore o cedente verrebbe a riappropriarsi.

LA CORTE DI CASSAZIONE IN TEMA DI SALE AND LEASE-BACK

Premesso ciò, va osservato che la giurisprudenza della Corte di Cassazione, negli ultimi anni, ha affermato che non tutte le alienazioni o cessioni di beni con scopo di garanzia sono illecite, in quanto possono rispondere a particolari esigenze economiche delle parti, purchè sia rispettato l’equilibrio contrattuale e l’operazione non sia volta ad eludere il divieto del patto commissorio.

A tal proposito, con una recente sentenza, la n. 1625/2015, la Suprema Corte ha esaminato la fattispecie del contratto di sale and lease-back, affermandone la validità laddove sia rispettata la proporzione tra credito concesso dal finanziatore e bene oggetto del finanziamento.
Il contratto di sale and lease-back (o semplicemente lease-back) è un negozio giuridico misto, molto diffuso nel commercio e nelle attività imprenditoriali, caratterizzato da elementi della compravendita ed elementi del mutuo.

Più in particolare, con il suddetto contratto un soggetto – generalmente imprenditore – vende un proprio bene immobile o mobile ad una società di leasing, che contestualmente lo concede allo stesso soggetto venditore, a fronte del pagamento di un canone per l’utilizzo del bene, con facoltà di riacquistarne la proprietà, alla scadenza del leasing, esercitando un diritto d’opzione per un determinato prezzo.

Si tratta di un’operazione commerciale che permette all’impresa di smobilizzare risorse patrimoniali per utilizzare in investimenti produttivi la liquidità ottenuta con la vendita del bene, il quale rimane in uso dell’impresa, pur se non più di proprietà.

GLI INDICI RIVELATORI DELLA ILLICEITA’ DEL LEASE-BACK

Vi è il rischio che tale tipologia contrattuale nasconda una diversa finalità, vietata dall’art. 2744 c.c., quella del patto commissorio; per capire se si è in presenza di una operazione illecita, osserva la Cassazione, è opportuno un esame caso per caso delle singole fattispecie, con particolare riguardo ad indici rilevatori dell’intento fraudolento, uno fra tutti la sproporzione tra valore del bene alienato ed entità del credito oggetto del leasing. 

Nel caso si ravvisino elementi di forte squilibrio tra le obbligazioni contrapposte, pertanto, l’autorità giudiziaria potrà annullare il contratto per illiceità dell’oggetto e contrarietà a norme imperative, con conseguente inefficacia delle prestazioni eseguite, tra cui l’alienazione del bene.

pubblicato il 07/04/2016

A cura di: Daniela D'Agostino

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