Compravendita di immobile con vincolo di destinazione

mano che impugna una penna e firma un contratto

Oggi ci occupiamo di un caso in cui gli acquirenti di un immobile, derivante da frazionamento di un terreno in più quote successivamente edificate, si sono visti citare in giudizio dai proprietari dell’immobile confinante, che chiedevano il rispetto del vincolo di destinazione inserito nell’atto di frazionamento.

Caso controverso

In particolare, gli attori chiedevano al Tribunale che venisse inibito alle parti convenute l’esercizio di attività di catering e ristorazione all’interno della loro villa, con condanna al risarcimento dei danni, sulla base di una clausola presente nell’atto di compravendita dei lotti; detta clausola, infatti vietava lo svolgimento, su quelle aree, di attività imprenditoriale e industriale, in considerazione della destinazione urbanistica della zona ad attività agricole.
Il Tribunale rigettava la domanda degli attori, mentre la Corte d’appello l’accoglieva, ritenendo che quel limite contrattuale individuasse un particolare tipo di servitù.
La Cassazione, adita dai proprietari della villa in cui si svolgeva l’attività denunciata, conferma la tesi della Corte d’appello, ribadendo alcuni importanti principi in materia di servitù.

Servitù prediali

In proposito, ricordiamo che il codice civile, all’art. 1027, definisce la servitù come il peso imposto su un fondo, detto “servente”  a vantaggio di un fondo limitrofo o vicino , detto “dominante”.
Si distinguono le servitù apparenti da quelle non apparenti, a seconda che prevedano o meno la costruzione di opere visibili e permanenti destinate all’esercizio del diritto di servitù; tra le prime rientrano, ad esempio, la servitù di passaggio costituita attraverso l’apertura di un cancello sul fondo servente, o la servitù di veduta realizzata con l’apertura di una finestra sul fondo servente.
Premesso ciò, riportiamo quanto affermato dalla Suprema Corte, nell’ordinanza che ha deciso il caso innanzi richiamato, la n. 524 del 14 gennaio 2021.

Costituzione della servitù

Innanzitutto, viene ribadito l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo cui allorché il proprietario di un terreno decida di frazionarlo e venderlo a scopo edificatorio, le pattuizioni, contenute nei contratti di compravendita, di limitazioni a carico degli acquirenti , circa la destinazione dei beni, ove regolarmente trascritte, costituiscono una servitù prediale reciproca a non tollerare modificazioni delle aree acquistate.
Inoltre, nella vendite a lotti delle aree fabbricabili, le pattuizioni contrattuali, con cui si conferisce una particolare destinazione alla zona in esecuzione di un piano di sviluppo, imponendo limiti alle proprietà, costituiscono servitù prediali a favore e contro ciascun fondo.
Sempre secondo la Suprema Corte, ai fini della costituzione di tale tipo di servitù, non occorrono formule sacramentali, bastando che dal tenore dell’atto si desuma la volontà delle parti di imporre un peso nel godimento del fondo a favore di una delle parti.

Vantaggio del fondo dominante

Con la precisazione che il concetto di “utilitas”, cioè di vantaggio del fondo dominate (cioè la proprietà che si avvantaggia della servitù) a scapito del fondo servente (la proprietà su cui grava il peso), è talmente ampio da poter ricomprendere ogni tipo di comodità, amenità, anche al fine di evitare rumori o situazioni sgradevoli.
Ne consegue che le limitazioni a carico degli acquirenti circa la destinazione del bene contenute in una pattuizione dei contratti di compravendita, ove regolarmente trascritte, costituiscono una servitù prediale reciproca tra i fondi, che vincolano all'osservanza anche i successivi aventi causa, pur se i rispettivi atti di acquisto non ne facciano menzione, avendo i proprietari originari dei terreni in tal modo costituito per accordo negoziale unanime un vincolo di natura reale sul bene.

pubblicato il 21/05/2021

A cura di: Daniela D'Agostino

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