Coppia omogenitoriale e diritto alla trascrizione dell’atto di nascita del figlio

In altro articoli ci siamo occupati delle diverse pronunce della giurisprudenza di legittimità in materia di trascrizione in Italia dell’atto di nascita di bambini nati a seguito di fecondazione assistita, praticata all’estero da coppie omogenitoriali.

Sezioni Unite della Cassazione

Abbiamo visto come, al fine di comporre i diversi orientamenti giurisprudenziali, è intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 12193/2019, che ha affrontato l’argomento alla luce dei principi costituzionali e di diritto internazionale richiamati.
Il caso affrontato dalle Sezioni Unite partiva dal ricorso presentato da una coppia formata da due uomini, che aveva utilizzato, in Canada, una tecnica di procreazione medicalmente assistita, con la collaborazione di due donne, una delle quali aveva messo a disposizione gli ovociti, fecondati con il seme di uno dei due uomini, mentre l’altra aveva provveduto alla gestazione,  da cui erano nati due bambini, dati alla coppia.
Il genitore non biologico, cosiddetto “d’intenzione”, aveva quindi chiesto il riconoscimento della filiazione anche nei suoi confronti, provvedimento autorizzato all’estero ma non in Italia.

Legame biologico con il figlio

La Suprema Corte aveva messo in evidenza la differenza tra le tecniche che consentono un legame biologico del bambino con entrambi i genitori (cosa possibile solo nel caso di due donne, come nel caso di donazione, da parte di una donna, dell’ovocita fecondato all’altra, che porta a termine la gravidanza), e le altre tecniche vietate in Italia, come la “maternità surrogata” cui avevano fatto ricorso i due uomini nel caso specifico
In un caso recente due donne avevano fatto ricorso alla Corte di Cassazione, impugnando la decisione della Corte di Appello che, confermando la sentenza del Tribunale, aveva ritenuto legittimo il rifiuto opposto dall’ufficiale dello stato civile di indicare due madri sull’atto di nascita di una bambina nata in Italia, a seguito di pratiche di procreazione medicalmente assistite effettuate all’estero.
La Suprema Corte, con la sentenza n. 7668 del 3 aprile 2020, ha richiamato la pronuncia n. 221/2019, con cui la Corte Costituzionale ha affermato che, in tema di procreazione medicalmente assistita, non esiste nel nostro ordinamento un “diritto a procreare con metodi diversi da quello naturale”.

Differente disciplina

Partendo da tale pronuncia, la Cassazione traccia la differenza tra disciplina in materia di adozioni da parte di omosessuali e leggi in materia di riconoscimento in Italia di atti di nascita all’estero con tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Se, infatti, la finalità dell’adozione è quella di dare una famiglia ad un essere già in vita, quella della PMA è quella di dare un “figlio” ad una coppia o ad un singolo che aspira alla genitorialità; nel primo caso, afferma la Corte di Cassazione, prevale l’interesse del minore ad avere una famiglia e a coltivare relazioni affettive già instaurate e consolidate, mentre nel secondo prevale la volontà del legislatore di predisporre per un minore non ancora nato quelle che sono, secondo le sue valutazioni, le migliori “condizioni di partenza”.
Per quanto riguarda la possibilità del riconoscimento in Italia di atti di nascita redatti all’estero e recanti l’indicazione di due genitori dello stesso sesso, la Corte ha precisato che in quel caso si applica un diverso parametro normativo, - quello dell’ordine pubblico - e a venire in rilievo sono i principi di continuità e conservazione dello status filiationis, oltre che quello di circolazione degli atti giuridici formati all’estero.

Divieto di maternità surrogata

Con la precisazione, ribadita dalla Cassazione richiamando i principi costituzionali, che è trascrivibile in Italia un atto di nascita di un minore nato all’estero con tecniche di PMA, solo se si tratta di genitori di sesso femminile; in caso di due uomini, viceversa, la trascrizione non è possibile, in quanto essi hanno necessariamente fatto ricorso a tecniche di maternità surrogata, vietata dal nostro ordinamento (art. 5 legge n. 40/2004), nel rispetto di principi fondamentali quali la tutela della dignità della gestante, salva la possibilità dell’adozione.

pubblicato il 25/07/2020

A cura di: Daniela D'Agostino

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