La Corte di Cassazione in materia di assegno postdatato

assegno bancario

Il tema della validità dell’assegno “in bianco”, come quello dell’assegno postdatato, è stato più volte affrontato dalla Corte di Cassazione, con soluzioni non sempre uniformi.

Contrarietà alle norme imperative

Citiamo, ad esempio, a proposito dell’utilizzo dell’assegno in bianco come titolo in garanzia rispetto ad un’obbligazione principale di pagamento, la sentenza n. 10710 del 24 maggio 2016, nella quale, conformemente a quanto espresso in altre pronunce, ne è stata affermata la nullità per contrarietà alle norme imperative, specificatamente gli artt. 1 e 2 del R.D. 21 dicembre 1933 n. 1736.
I giudici della Suprema Corte hanno infatti affermato che l’emissione dell’assegno postdatato “dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume enunciato dall’art. 1343 cod. civ.; pertanto, non viola il principio dell’autonomia contrattuale sancito dall’art. 1322 cod. civ. il giudice che, in relazione a tale assegno, dichiari nullo il patto di garanzia e sussistente la promessa di pagamento di cui all’art. 1988 cod. civ.”.
Più di recente, con l’ordinanza n. 9490 del 9 aprile 2021 i giudici di legittimità si occupano della possibilità, per il creditore cui viene offerto il pagamento della prestazione da parte del debitore, a mezzo di assegni postdatati, di rifiutarlo, alla luce dei principi in materia di obbligazioni contenuti nel codice civile.

Obbligazioni pecuniarie

L’assegno bancario, precisa la Cassazione, per essere valido, deve essere completo di tutti i suoi dati, con data corrispondente a quella della sua emissione; il titolo postdatato, può pertanto essere rifiutato dal creditore, al quale è rimessa la possibilità di scegliere altra forma di pagamento.
Nelle obbligazioni pecuniarie, infatti, il debitore ha facoltà di pagare, a sua scelta, in moneta avente corso legale o con assegni; nel primo caso il creditore non può rifiutare il pagamento, nel secondo invece sì ma solo per giustificati motivi.
Va dato, infatti, rilievo alla circostanza che l’assegno bancario non garantisce la sicura copertura del titolo e ciò può giustificare il rifiuto del creditore a ricevere tale mezzo di pagamento; nel caso specifico sottoposto all’esame della Corte il debitore aveva offerto al creditore, a titolo di pagamento di un contratto di compravendita di beni mobili, assegni bancari firmati da terzi soggetti, postdatati.

Rifiuto del creditore

Secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva motivatamente accolto le conclusioni del soggetto creditore, ritenendo giustificato il suo rifiuto di accettare detti titoli di pagamento, i quali non garantivano la certezza della solvibilità.
Di qui il principio affermato secondo cui “in tema di obbligazioni pecuniarie, il pagamento effettuato mediante assegno bancario - il quale non costituisce mezzo di pagamento di sicura copertura - può essere rifiutato dal creditore, in presenza di una ragionevole giustificazione, la cui ricorrenza implica un apprezzamento che si sostanzia in un giudizio di fatto rimesso alla valutazione del giudice di merito”.

pubblicato il 04/06/2021

A cura di: Daniela D'Agostino

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