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Questa tipologia di ricorso è orientata principalmente all'indagine di eventuali vizi formali, come ad esempio errori nelle notifiche, piuttosto che focalizzarsi su questioni aventi natura sostanziale come il merito stesso della pratica.
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Secondo la Corte di Cassazione l'instaurazione da parte dell'ex coniuge di una stabile convivenza di fatto non determina, necessariamente, la perdita automatica e integrale del diritto all'assegno di divorzio.
In assenza di un legame matrimoniale, il coniuge che intende allontanare il partner non ha il diritto di farlo a proprio arbitrio, a meno che, ovviamente, non siano presenti circostanze eccezionali come una minaccia per l'incolumità.
Il giudice chiamato a determinare l’importo dell’assegno divorzile deve effettuare una valutazione complessiva della storia coniugale, considerando l’apporto fornito dal coniuge richiedente l’assegno in ogni aspetto.
Il punto su cui dovranno pronunciarsi le Sezioni Unite è se la sentenza di divorzio, pronunciata su ricorso congiunto delle parti, possa contenere una clausola con la quale si attui un trasferimento immobiliare senza previo controllo notarile.
Sono molti i casi in cui, nei processi di divorzio, i Tribunali devono decidere se, e in quale misura, l'ex coniuge disoccupato che non si attivi per la ricerca del lavoro abbia comunque diritto all’assegno.
L’argomento della possibile incidenza del reddito di cittadinanza sull'assegno di mantenimento è stato affrontato dagli interpreti del diritto e in alcune sedi di tribunale, mentre ancora non vi sono pronunce della Corte di Cassazione.
Ci sono alcuni criteri da tenere in considerazione per valutare la capacità lavorativa del beneficiario degli assegni di mantenimento, come ad esempio l'attitudine al lavoro e i fattori ambientali che influiscono sul soggetto.
L’art. 589 del Codice Civile vieta il testamento “simultaneo”, stabilendo che due o più persone non possano fare testamento nel medesimo atto, né a vantaggio di un terzo né reciprocamente. Si tratta del divieto dei patti successori.
Acquistare un immobile per poi intestarlo al proprio partner può avvenire, spesso, per esigenze di carattere finanziario. Cosa succede, però, all'immobile quando la coppia si separa? Rimane nelle mani dell'intestatario o torna a chi lo ha acquistato?
Il condominio non può richiedere il pagamento delle spese al coniuge assegnatario dell’unità immobiliare adibita a casa familiare, dunque, si rivolgerà al proprietario e poi spetterà a questi rivalersi sul coniuge assegnatario dell'immobile.
Il primo presupposto, dunque, perché l’ex coniuge divorziato possa ricevere la pensione di reversibilità è che non sia passato a nuove nozze; il secondo presupposto è che percepisca l’assegno di mantenimento
In caso di separazione e divorzio, il Tribunale provvede, tra l’altro, all’assegnazione della casa coniugale, cioè dell’abitazione nella quale fino a quel momento i coniugi ed i loro figli, ove presenti, hanno vissuto.
Nel nostro ordinamento, in caso di divorzio, nei confronti dell’ex coniuge economicamente più debole vige il principio di “solidarietà economica post-coniugale”, che garantisce a quest'ultimo un sostentamento.
A seguito del divorzio, uno dei motivi che può comportare la revoca dell’assegno di mantenimento è l’instaurazione, da parte del coniuge beneficiario dell’assegno, di una convivenza more uxorio, cioè al di fuori del matrimonio
L’assegno divorzile può essere revocato in qualsiasi momento dal giudice se cambiano le condizioni che ne avevano determinato l’ammissione; uno dei motivi di revoca dell’assegno è l’instaurazione, da parte del coniuge beneficiario, di una nuova relazione.
Un figlio maggiorenne non ha sempre diritto al mantenimento, solo nel caso in cui riesca a dimostrare che, ultimato il percorso di studi, si sia impegnato attivamente per la ricerca di un’occupazione, in base alle reali condizioni del mercato del lavoro.
Segnaliamo un’importante pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, la n. 9004/2021, che esamina il rapporto tra sentenza di scioglimento degli effetti civili del matrimonio e delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio.
Per quanto riguarda la revoca, l'articolo 219 del Codice della Strada, specifica che il provvedimento interdittivo è emesso dall'ufficio competente del Dipartimento per i Trasporti Terrestri o dal Prefetto, a seconda dei casi.
In caso di svolgimento di attività lavorativa in nero da parte dell'ex coniuge richiedente l'assegno, il tribunale potrà non riconoscere il mantenimento, o revocare quello già riconosciuto, a prescindere dal tenore di vita pregresso.
Il diritto di “subentro” del coniuge assegnatario si ha anche nel caso di alloggi destinati ad edilizia residenziale pubblica o agevolata, come pure nei casi di alloggi di cooperative destinati a particolari categorie di soggetti.
La regola dell'affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l'altro genitore.
Un problema che si è posto, anche in dottrina, è se sia possibile rivedere l’importo dell’assegno precedentemente determinato con la sentenza di divorzio, sulla base dei nuovi criteri determinati dalla Cassazione.
A seguito del divorzio, un motivo che determina la revoca dell’assegno di mantenimento è l’instaurazione, da parte del coniuge beneficiario dell’assegno, di una convivenza more uxorio, cioè al di fuori del matrimonio.
Secondo la Corte di Cassazione, in mancanza di ragioni di solidarietà economica, l'eventuale riconoscimento del diritto all'assegno divorzile si risolverebbe in un ingiusto arricchimento del coniuge percettore dell’assegno.
Il dovere di mantenimento dei figli maggiorenni è subordinato alla valutazione del Tribunale investito della decisione, ben potendo cessare con il raggiungimento della maggiore età dei figli.
I danni risarcibili sono sia quelli patrimoniali, intesi come perdita economica conseguente al danno subito, sia quelli non patrimoniali, nei quali rientrano il danno biologico ed il danno morale cioè la sofferenza patita come conseguenza del danno
Non trova alcuna giustificazione l'idea che il coniuge abbiente sia comunque tenuto a corrispondere all'altro tutto quanto sia per lui "sostenibile" o "sopportabile", quasi ad evocare un prelievo forzoso in misura proporzionale ai suoi redditi.
Per costante giurisprudenza le somme corrisposte a titolo di mantenimento non sono ripetibili, cioè restituibili dal coniuge che le ha ricevute, in quanto rispondono ad un dovere di solidarietà ed assistenza.
L’art. 6 della legge fallimentare, contenuta nel R.D. 16 marzo 1942 n. 267 e successivamente riformata, dispone che il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero